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Un collutorio contro i batteri: cinque meccanismi d’azione

Clorexidina: cercando questa parola su Internet, si trova (probabilmente per difetto) su 53.500 siti. Una dimostrazione dell’interesse che circonda questa molecola, principio attivo considerato tra le star dell’oral care. La clorexidina, pura e alle diverse concentrazioni, si è rivelata in tutti gli studi compiuti, tra i più efficaci principi attivi per la salvaguardia della salute orale sia in fase preventiva che terapeutica.

Il suo spettro di azione è molto ampio contro batteri gram-positivi e gram-negativi, miceti e contro alcuni virus lipofilici, combattendo sia il formarsi della placca sia contribuendo a ridurre e distruggere quella già formata. Sono almeno cinque i meccanismi di azione riconosciuti della clorexidina e vanno da un effetto battericida diretto, al prolungato effetto batteriostatico all’inibizione delle glicoproteine salivari fini all’inibizione dei meccanismi di adesione e aggregazione batterica e al disturbo della formazione della placca per l’azione sulla saliva e alla sostituzione del calcio nella matrice della placca.

 Per le sue performance può essere definita come collutorio medicamentoso e come tale è importante prestare attenzione alle modalità di somministrazione. Per massimizzarne le proprietà curative se ne deve valutare il ricorso all’uso quotidiano. In alcuni soggetti la frequenza “day by day” può avere alcuni effetti collaterali, come la temporanea pigmentazione dei denti sebbene completamente reversibile con semplici manovre d’igiene professionale.

 In questi casi la cosa migliore è utilizzare la clorexidina a intervalli, unitamente all’eliminazione dalla dieta degli alimenti ricchi di polifenoli (vino, tè, caffè, cacao) e alla sospensione delle sigarette se il paziente è fumatore. Inoltre la sua struttura molecolare è particolarmente suscettibile e non rende possibile somministrarla in ogni momento. Sottolinea il prof. Filippo Graziavi, ricercatore presso il Dipartimento di neuroscienze della Facoltà di Medicina dell’Università di Pisa

«Basta ricorrere al suo uso teoricamente almeno 30 minuti dopo essersi lavati i denti se non dopo un paio d’ore»