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Abusi sui minori lasciano un segno fisico nel cervello

Una nuova scoperta effettuata presso l’Università di Harvard potrebbe cambiare il modo di diagnosticare, e di conseguenza forse anche curare, i traumi subiti dai bambini su cui vengono perpetrati degli abusi. Secondo quanto riferisce Martin Teicher, a capo della ricerca, quando un bambino subisce degli abusi fisici subisce un rimpicciolimento di una parte dell’ippocampo, un pezzo importante del cervello che spiegherebbe come mai queste persone, crescendo, manifestino problemi ad esempio con l’apprendimento, disturbi psichiatrici, dipendenza dalle droghe o dall’alcool o altri problemi collegati.

Questi risultati potrebbero fornire una spiegazione del motivo per cui l’abuso infantile è stato identificato con un aumentato rischio di abuso di droga o psicosi. Ora che si possono osservare queste sub-regioni [del cervello], possiamo avere un’idea migliore di come le terapie stanno agendo

ha spiegato Teicher. Il metodo per individuare quest’anomalia è una semplicissima risonanza magnetica cerebrale, la quale è stata effettuata su 193 ragazzi tra i 18 e i 25 anni, alcuni dei quali avevano già subìto in passato delle violenze, altri no. L’osservazione ha rilevato che l’area dell’ippocampo era del 6% più piccola negli individui che da bambini erano stati matrattati, che avevano subito abusi o erano stati trascurati, rispetto a coloro i quali non avevano fatto queste esperienze traumatiche. Inoltre quelli del primo gruppo presentavano anche una riduzione delle dimensioni nella zona del cervello chiamata subiculum, la quale è preposta alla trasmissione del segnale dall’ippocampo ad altre zone del cervello.

Dalle rilevazioni effettuate sugli animali pare che la causa di questa riduzione dell’ippocampo possa essere collegata all’incremento dell’ormone dello stress, il cortisolo, che diventa particolarmente rilevante tra i 3 e i 5 anni e tra gli 11 ed i 13. La presenza di cortisolo dunque fermerebbe la crescita dei neuroni dell’ippocampo, con conseguente riduzione della dimensione che, sul lungo periodo, può sfociare in alcune condizioni mediche come quelle riportate sopra, prima fra tutte la depressione. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences.

[Fonte: Livescience]

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