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Ebola, primo contagio negli Stati Uniti

E’ stato confermato il primo caso di ebola negli Stati Uniti. Il paziente è Thomas Eric Duncan, uomo residente in Liberia giunto in Texas per visitare la sua famiglia. Il fatto sconvolgente? Nonostante i sintomi, un paio di giorni fa non è stato ricoverato nel pronto soccorso dove si era presentato.

 

La prevenzione e la fitta rete di sicurezza messa in atto dai paesi occidentali viene considerata uno dei maggiori strumenti contro la diffusione dell’ebola. Ma che succede se come accaduto in questo caso la macchina si inceppa, con molta probabilità, per via di cavilli legati alla assicurazione sanitaria delle persone? Corre voce tra i media infatti che il mancato ricovero iniziale dell’uomo presso il Texas Health Presbyterian Hospital possa essere avvenuto per tale motivo. La Liberia è uno dei paesi più colpiti da virus dell’ebola e il paziente attualmente ricoverato nella stessa struttura in serie ma stabili condizioni è giunto negli Stati Uniti lo scorso 20 settembre Solo il 25 dello stesso mese ha iniziato a manifestare la sintomatologia tipica della malattia ma è stato rimandato a casa con una semplice prescrizione di antibiotici, nonostante abbia specificato di essere proveniente da uno dei paesi dove l’epidemia di ebola è presente in tutta la sua virulenza.

Ricordiamo che i sintomi dell’ebola sono dolore muscolare, febbre alta, mal di gola, dolori addominali, diarrea e vomito. Nella maggior parte dei paesi occidentali bastano due sintomi più la provenienza da aree a rischio per far scattare la quarantena. Essendo stato rimandato a casa senza ricovero l’uomo può potenzialmente avere infettato qualsiasi persona abbia incontrato in questi giorni con la quale anche inconsciamente ci sia stato dello scambio di liquidi corporei, come la saliva presente nei colpi di tosse ad esempio. La sua intera famiglia è stata sottoposta ai test del sangue e l’uomo posto sotto il controllo del CDC, il centro di controllo delle malattie infettive statunitensi per essere sottoposto, come già accaduto ai lavoranti contagiati rimpatriati con sieri sperimentali contro la patologia.

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