Home » MEDICINA TRADIZIONALE » Ricerca e Sperimentazione » Due farmaci contro l’osteosarcoma

Due farmaci contro l’osteosarcoma

Curare l’osteosarcoma con nuovo cocktail di farmaci composto da due medicinali a bersaglio molecolare. E’ questo ciò che suggerisce il dott. Giovanni Grignani dell’Irccs di Candiolo attraverso uno studio pubblicato sulla rivista di settore The Lancet Oncology.

Un approccio innovativo nato dopo un’attenta ricerca da parte del luminare e di un nutrito gruppo di studiosi provenienti da altri Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico nel nostro paese. Come funziona lo stesso? Gli scienziati hanno dapprima identificato degli oncogeni coinvolti nella proliferazione dell’osteosarcoma e poi li hanno attaccati con il sorafenib. Grazie allo stesso sono riusciti ad rallentare la progressione del tumore in un gruppo di pazienti che era privo di speranza. Osservando il decorso dei pazienti i ricercatori hanno però scoperto che questo farmaco molecolare può incappare nella resistenza metabolica delle cellule tumorali. Hanno quindi usato un altro molecolare per inibire tale problema, l’everolimus. L’utilizzo di entrambe le opzioni contemporaneamente ha mostrato di lavorare in maniera adeguata contro questo cancro osseo.

Nello specifico, dopo la somministrazione di una terapia con sorafenib ed everolimus, il 50% dei pazienti è riuscito a controllare abbastanza efficacemente, limitando anche i sintomi dolorosi. Non dobbiamo dimenticare che l’osteosarcoma è un tumore osseo maligno che può colpire adulti e bambini, ma che si accanisce in particolare con questi ultimi e gli adolescenti. Esso può colpire qualsiasi osso del corpo umano anche se tende a prediligere le ossa caratterizzate da un rapido tasso di crescita come tibia, femore, omero. Il tessuto osseo ne esce distrutto. Le cause dell’osteosarcoma non sono ancora state trovate sebbene gli scienziati abbiano sottolineato che possa essere frutto di una combinazione di diverse alterazioni genetiche che portano le cellule ossee immature a trasformarsi in tumore piuttosto che in cellule sane. Concludendo, è possibile che lo studio condotto dagli scienziati italiani possa portare all’utilizzo clinico di questo nuovo trattamento a base di sorafenib e everolimus.

Photo Credits | Image Point Fr / Shutterstock.com