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Sindrome dell’X fragile, testato un nuovo farmaco con risultati promettenti

 Novità in arrivo sul fronte terapeutico per la sindrome dell’X fragile. Un nuovo farmaco promette di intervenire alla base e non più solo sui sintomi.
Promessa non da poco se si pensa che si tratta della più comune causa di disabilità intellettiva ereditaria.
Colpisce un maschio su 4.000 ed una femmina su 6000, appartenenti a tutte le razze e gruppi etnici. E’ la condizione più comune, imputabile ad un singolo gene, per l’autismo o disturbi comportamentali simili all’autismo. I sintomi possono includere anche problemi comportamentali e ritardi nello sviluppo del linguaggio nonché specifiche caratteristiche fisiche. La gravità del deficit va da lievi difficoltà di apprendimento a disabilità cognitive ed intellettuali più serie.

Uno studio dei ricercatori del Rush University Medical Center, pubblicato sul numero di gennaio della rivista di divulgazione scientifica Science Translational Medicine, mostra i primi risultati dei trial di un farmaco, denominato AFQ056, prodotto dalla Novartis Pharmaceuticals.

I dati raccolti dalla sperimentazione su 30 pazienti con la sindrome dell’X Fragile, hanno registrato un miglioramento dei sintomi in alcuni dei partecipanti. I pazienti che hanno avuto la migliore risposta hanno una sorta di “impronta digitale” nel DNA, che potrebbe fungere da indicatore per determinare chi dovrebbe iniziare la terapia.
La dottoressa Elizabeth Berry-Kravis, neurologo pediatrico tra gli autori dello studio, ha spiegato che si tratta di risultati incoraggianti:

E’ la prima volta che un trattamento mira alla radice in un disordine dello sviluppo cerebrale che causa ritardo mentale, a differenza delle comuni terapie che si limitano a contrastare i sintomi comportamentali. Questo farmaco potrebbe essere un modello per il trattamento di altri disturbi come l’autismo.

 Il farmaco è stato progettato per bloccare l’attività della proteina mGluR5, recettore coinvolto in molte funzioni del cervello, compreso il regolamento della forza delle connessioni cerebrali, un processo chiave, necessario per l’apprendimento e la memoria. I pazienti affetti dalla sindrome hanno una mutazione in un singolo gene, conosciuto come X-Fragile. La mutazione impedisce all’FMR1 di produrre la sua proteina, chiamata FMRP, e così la FMRP non è presente nel cervello. La FMRP agisce normalmente da freno per le cellule cerebrali attivate dall’mGluR5. Quando l’FMRP è assente, esse sono dunque iperattive con conseguenti connessioni anormali nel cervello ed i deficit comportamentali e cognitivi associati all’X fragile.

 Il team di ricerca, guidato da Sebastien Jacquemont della Vaudois University in Svizzera, in collaborazione con Baltazar Gomez-Mancilla della Novartis, inizialmente non ha riscontrato alcun miglioramento sui 30 pazienti sottoposti al trattamento. Tuttavia, in una successiva analisi, sette pazienti che avevano un gene completamente spento, presumibilmente con come conseguenza nessuna proteina FMR nel sangue o nel cervello, hanno mostrato un significativo miglioramento nel comportamento, nell’iperattività e nel linguaggio inappropriato dopo il trattamento, rispetto a quelli trattati con placebo. Il farmaco è stato ben tollerato, senza conseguenze sulla salute dei pazienti.
Attualmente, è in corso uno studio più ampio della terapia farmacologica, con 160 pazienti reclutati in tutto il mondo per testare gli effetti di un lungo periodo di trattamento.

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[Fonte: “Epigenetic Modification of the FMR1 Gene in Fragile X Syndrome Is Associated with Differential Response to the mGluR5 Antagonist AFQ056”, Science Translational Medicine]