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Vita di Aldo Luisada: un cardiologo e le leggi razziali

La notizia non era in prima pagina e neppure in grande evidenza. Anche se il Chicago Daily News aveva un numero infinito di pagine, aveva l’abitudine di sfogliarlo tutto, prima di immergersi nelle tante attività quotidiane. Ancora oggi, a 71 anni suonati, il dottor Luisada aveva una giornata piena di impegni e poco era il tempo che poteva dedicare a qualsiasi tipo di svago. La ricerca, l’insegnamento, lo studio, la società che aveva fondato dedicandola a Teophile Laennec assorbivano quasi tutto il suo tempo. L’articolo non era da trascurare, anche perché capace di evocare un passato lontano, che riaffiorava ogni tanto, ad ondate dolorose, che toccavano l’animo sensibile dell’anziano cardiologo.

Si trattava di uno scandalo, di come nell’Alabama, nel pieno centro rurale di Tuskegee, centinaia di braccianti negri erano stati arruolati in uno studio osservazionale sulla sifilide terziaria e per anni non erano stati curati, nonostante le scoperte in campo terapeutico, per vedere fino in fondo, quali fossero i terribili effetti della malattia.

Era un atto di razzismo sconvolgente, soprattutto nella democraticissima America, che proprio contro la persecuzione razziale aveva occupato lo scranno più alto del tribunale di Norimberga. Luisada sedette alla scrivania, scuotendo la testa. Rapidamente, come in un documentario fatto scorrere ad alta velocità, tornarono alla sua mente immagini, parole, ricordi. Rivide la sua Firenze, la città dove era nato. Rivisse gli scontri con il Professor Lunedei in Clinica Medica, lui giovane medico ebreo appassionato di cardiologia e di ricerca, volto al progresso ed al modernismo, l’altro conservatore, accentratore, scettico su ogni novità.


Anche allora, nel 1938, un abisso gli si era spalancato davanti leggendo il giornale. Le leggi razziali: come avevano potuto concepire una simile infamia! Anche lui, inizialmente, aveva trovato affascinante Mussolini, come uomo e come politico, con entusiasmo si era iscritto al partito nazionale fascista, anche se preferiva parlare di medicina piuttosto che di politica, ma ora…

Da quel settembre 1938 le cose erano precipitate e quando praticamente era stato messo al bando, nei primi mesi del 1939, aveva preferito partire verso l’ignoto, quegli Stati Uniti che oltre alla libertà promettevano interessanti prospettive per lui, che a 38 anni era già un brillante clinico. E guardando indietro, dal ponte della nave che lo portava al di là dell’oceano, pensò con tristezza a tutto quello che gli toccava lasciare, per un futuro incerto.

Almeno aveva potuto portare con sé i suoi genitori, e un cugino americano, per lettera, gli aveva promesso interessanti prospettive di lavoro. Solo anni dopo, già Direttore dello staff medico del Mount Sinai di Chicago, aveva compreso appieno a quale mostro fosse sfuggito. Altro che disonore per essere stato tolto dalla libera docenza. Gli occhi di tutti quei poveretti, colpevoli solo di essere ebrei, lo guardavano dalle banchine di selezione di Auschwitz Birkenau, in attesa che un altro figlio di Ippocrate, evidentemente dimentico di quanto aveva promesso al momento della laurea in Medicina, decidesse in pochi attimi il loro destino con un semplice ma crudele cenno della testa.

Donne separate dai figli, dai mariti, dagli affetti. Famiglie intere disintegrate sulla spinta di un odio assurdo che aveva il suo altare sacrificale nelle fiamme roventi dei crematori. Aldo Augusto Luisada fu fortunato, come altri. L’odio razziale lo portò in un mondo più libero, dove esercitò con bravura la sua arte, fino ad una uggiosa mattina di novembre, nel 1987, quando emigrò di nuovo per una meta più alta, a raggiungere coloro che. più di quarant’anni prima erano stati trascinati su treni che, passando per la stazione intermedia dei campi di sterminio avevano, come capolinea il camino di un forno crematorio.

Si pensa che nella cenere grigia di campi come Auschwitz, Treblinka, Sobibor, Belzeo e molti altri, siano finiti i rimedi per certi tipi di cancro, strutture architettoniche di rara bellezza, composizioni musicali e soprattutto tanto amore, quello delle madri per i figli e dei figli per i genitori, per un uomo, per una donna che il marchio infamante di una stella gialla aveva portato dapprima fuori dalla vita normale e poi nell’inferno voluto in terra da Hitler e dai suoi aguzzini.

Fu studioso e docente apprezzato; la sua serietà, il carattere tranquillo e portato all’insegnamento fa sì che ancora venga celebrato e ricordato da chi fu suo allievo e che, forse, deve ringraziare una legge spregevole che, tanti anni fa, ha portato via dal nostro paese e dalla sua comunità cardiologica un personaggio che tanto avrebbe potuto fare anche nella sua terra che improvvisamente e inspiegabilmente gli diventò ostile.