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Calvizie: ideato rimedio che imita la crescita dei peli negli animali

La calvizie è una malattia fastidiosa in quanto, a parte il trapianto di capelli, non esiste un vero modo per farli ricrescere garantito al 100%. Grazie però agli ultimi progressi sulle cellule staminali qualcosa potrebbe cambiare. L’idea arriva dagli Stati Uniti dove un gruppo di ricercatori ha tentato di trasformare il cuoio capelluto delle persone calve in una testa “animale”, facendo in modo che i follicoli piliferi possano in un certo senso imitare la pelle degli animali che si riempie di peli per potersi riparare dal freddo.

In particolare i ricercatori, guidati dal dr. Cheng-Ming Chuong, docente alla University of Southern California, si sono concentrati su quegli animali che variano la quantità di pelliccia a seconda delle stagioni, i quali fanno crescere o cadere a piacimento i propri peli.

Secondo il professore, questi segnali esterni una volta venivano compresi anche dal fisico umano quando ancora non esistevano i vestiti, ma con il passare dei millenni questa specie di sensore si è andato “spegnendo” perché l’animale-uomo ha cominciato ad indossare maglioni e cappotti e non ne ha avuto più bisogno. Alla fine, dice Chuong, l’ormone responsabile di questa attivazione-disattivazione della crescita pilifera è scomparso. Per questo l’obiettivo della loro ricerca è stimolare il follicolo pilifero del cuoio capelluto degli uomini che hanno perso i capelli a ri-attivare questo sensore, in modo da far ricrescere i capelli come una specie di protezione dal freddo.

Per affrontare la crescita dei capelli, non solo bisogna cercare di aiutare le cellule staminali, ma si può migliorare il “terreno”, come se si piantasse un bulbo di tulipano in un terreno migliore, questo crescerà più rigoglioso.

Quello che ora tenteranno di fare non sarà solo inserire delle cellule staminali che fanno crescere i capelli, ma in qualche modo anche stimolare i follicoli che oggi sono a riposo, per tentare di svegliarli e fargli riprendere la loro normale funzione.

[Fonte: Livescience]

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