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Leucemia, figli a rischio se il padre fuma al concepimento

 La ricerca continua a fare passi da gigante per ciò che riguarda la messa a punto di terapie volte a curare il genere umano dalle malattie più difficili dalle quali viene colpito. Ma tenta di capire anche come queste si sviluppino, in modo da trovare una cura efficace. Uno studio australiano, recentemente pubblicato su Journal of Epidemiology ha scoperto come i bambini nati da padri che fumavano al momento del concepimento abbiamo il 15% di possibilità in più di sviluppare la leucemia.

Nello specifico parliamo della forma più comune di cancro infantile diffuso, la leucemia linfoblastica acuta. Nel corso della ricerca condotta dagli scienziati australiani vengono tenuti in conto altri fattori di rischio: la sigaretta e le sue sostanze nocive continuano però, in linea con studi pregressi, a dimostrare la loro maggiore tossicità.

Sebbene venga considerata il più comune tumore dell’età pediatrica, questa tipologia di leucemia rientra ancora tra le forme più rare di questa particolare malattia del sangue. La sua incidenza è circa di 3-5 bambini su 100mila. I ricercatori, per tentare di capire come la stessa potesse diffondersi in tal modo, hanno preso in considerazione come campione le famiglie di trecento bambini affetti da questa patologia, analizzandone le abitudini e prestando particolare attenzione a quelle relative al fumo. Hanno poi confrontato i dati con quelli relativi a 800 bambini sani e di pari età.

I risultati hanno evidenziato che il comportamento della madre in tal caso non rappresenta un fattore di rischio, al contrario di quello paterno. I bambini i cui genitori maschi fumavano almeno venti sigarette al giorno al momento del concepimento hanno fatto registrare un aumento del rischio pari al 44%.

Tutto ciò sembra essere riconducibile alle tossine contenute nel tabacco, le quali potrebbero arrecare dei danni genetici allo sperma. Non si può asserire che i danni nel dna dello sperma siano la causa della leucemia, ma  si può sostenere in base ai dati raccolti che la presenza di tale vizio inficiante (con probabilità) la qualità del seme, possa rappresentare un fattore di rischio.

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Fonte: JOE