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Stamina, nuovo no dal giudice di Torino

Un nuovo no viene registrato in merito al metodo Stamina di Davide Vannoni. Definendolo il protocollo “cialtroneria”, un giudice del lavoro di Torino ha respinto la richiesta di una famiglia piemontese di poter sottoporre il figlio di 3 anni gravemente malato alle cure.

Un diniego che acquista un peso particolare in questi giorni nei quali la procura del capoluogo sta terminano le proprie indagini e si prepara a inviare degli avvisi di chiusura delle stesse alle persone interessate dal caso. Non è un buon periodo per il presidente di Stamina Foundation, dato che il prossimo 3 aprile Davide Vannoni dovrà rispondere,sempre davanti al tribunale di Torino, di una accusa di tentata truffa alla Regione Piemonte per la richiesta di un finanziamento di 500mila euro.

Sebbene in questo momento il no del giudice di Torino nei confronti della famiglia piemontese dal piccolo affetto da morbo di Canavan (una gravissima malattia neurologica ereditaria, N.d.R.) risuoni in maniera abbastanza forte data l’attenzione posta sul metodo Stamina e sui suoi responsabili, non è la prima volta che un togato italiano boccia il protocollo. Quel che è certo è che si tratta della prima volta che vengono usate parlare come “ciarlatani”. Non solo, come ha riportato il Tg Regionale del Piemonte, un intero capitolo di tale ordinanza sarebbe stato dedicato dal Tribunale ai “ciarlatani della salute” ed alle “cure miracolose”.

Un punto di vista differente da quello di altri giudici del Lavoro che in Italia hanno deciso in maniera differente, dando il via libera alle cure presso gli Spedali Civili di Brescia alle cure per piccoli e grandi malati in difficoltà. La questione Stamina, ad ogni modo, sembra ancora lontana dall’ottenere la parola fine. C’è da sperare che con la chiusura delle indagini da parte della Procura di Torino si possa avere un quadro più completo dell’intera situazione e quindi la sospensione di un incertezza che ai malati in attesa di potersi sottoporsi a questa “cura miracolosa” fa più male che bene.

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