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Aids: è genetica la resistenza all’infezione

 L’aids è una malattia di tipo virale molto difficile da tenere sotto controllo. Sebbene la ricerca sia perennemente focalizzata nella individuazione di una cura efficace o di un vaccino in grado di aiutare a combattere la patologia, la guarigione totale non è ancora possibile. Diverse persone hanno però dimostrato una maggiore resistenza a contrarre il virus dell’hiv. E si pensa che dipenda da particolari varianti genetiche.

Queste ultime sono state individuate da un gruppo di ricercatori dell’Università di Milano. Lo studio relativo è stato recentemente pubblicato dalla rivista di settore Journal of Immunology e potrebbe rappresentare un punto di partenza per la messa a punto di una terapia immunitaria contro il virus.

Quella della maggiore o minore “sensibilità” all’infezione da HIV è un tema che ha appassionato ed impegnato i ricercatori di tutto il mondo fin dall’esordio della malattia. Per molto tempo gli scienziati si sono chiesti come fosse possibile che alcuni individui pur venendo a contatto con la patologia diverse volte non ne risultassero infettati.

Sebbene sia risaputo che una molteplicità di fattori possono influire, in particolare l’attenzione di tutti negli ultimi anni si è rivolta verso la genetica.  Lo studio condotto dalla dott.ssa Mara Biasin , immunologa del Dipartimento di Scienze Cliniche “Luigi Sacco” dell’ Università di Milano, dalla dott.ssa Manuela Sironi dell’Istituto Scientifico IRCCS E. Medea e dal dott. Mario Clerici dell’Universita’ di Milano e Fondazione Don Gnocchi, ha contribuito a far luce sul mistero.

E’ stato infatti rilevato in laboratorio che particolari varianti del gene che determina uno specifico recettore del sistema immunitario, denominato TLR3 ha un ruolo chiave nel mantenere sieronegativi alcuni individui. Spiegano i ricercatori:

I dati indicano che la variante di TLR3 che si concentra negli esposti sieronegativi permette l’ attivazione di una risposta immune anti HIV molto più precoce e potente, che potrebbe essere in grado di impedire la replicazione del virus e dunque l’infezione.

Una scoperta davvero importante, che potrebbe davvero rappresentare il punto di partenza per la realizzazione di una eventuale cura efficace.

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Fonte: JOI