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Virus H1N1 è mutato in Australia, ma non c’è allarme

Una mutazione del virus H1N1 si è registrata nelle ultime settimane in Australia e Nuova Zelanda dove l’inverno arriva prima che da noi. Non si tratta della prima, e probabilmente nemmeno dell’ultima mutazione del virus che lo scorso anno mandò nel panico mezzo mondo, ma gli esperti si affrettano ad affermare che non ci sono particolari allarmi.

Rispetto alle precedenti mutazioni, come quella registrata in Norvegia (variante D222G) molto più virulenta, questa variante denominata “australe” non ha aumentato la statistica dei decessi e non sembra particolarmente aggressiva, tanto da non rendere necessario lo studio di un nuovo vaccino. Quella norvegese invece aveva una capacità maggiore di attaccare il polmone diventando più grave, ma la sua diffusione è stata piuttosto limitata e non provoca grattacapi agli esperti.

Per adesso dunque resta valido il vaccino influenzale già programmato da tempo, anche se gli esperti continuano a monitorare questo nuovo virus. Non è detto infatti che non muti di nuovo, dato che ha mostrato negli ultimi mesi una capacità di trasformismo molto rapido. Nel caso in cui dovesse accadere, mutando in una forma più pericolosa, allora bisognerebbe studiare un nuovo vaccino, ma per ora non ci sono preoccupazioni.

Il virus manifestatosi nell’emisfero australe si è comportato come un normale virus stagionale e la variazione non sembra conferirgli una diversa virulenza né una differente velocità di circolazione. Mentre per quanto riguarda la reattività al vaccino è tutto possibile e certamente se il virus continuasse a mutare potrebbe essere necessario un aggiornamento

ha spiegato il professor Gianni Rezza, epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità, al Corriere della Sera, il quale ha anche ribadito che non c’è nessun bisogno al momento di modificare il vaccino o di creare allarmismi.

La ricerca è stata condotta dal team di Ian Barr, del World Health Organization Collaborating Center for Reference and Research on Influenza di Melbourne e pubblicata sulla rivista Eurosurveillance.

[Fonte: Corriere della Sera]