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Malati di tumore costretti a curarsi fuori dalla propria regione

Sono 800mila le persone malate di tumore che ogni anno sono costrette a curarsi fuori dalla propria regione. A renderlo noto è il VI Rapporto sulla condizione dei malati della federazione delle associazioni di volontariato (Favo), presentato oggi al Senato nel corso della IX Giornata nazionale del malato oncologico.

Nel documento si parla di “viaggi della speranza”, soprattutto da Sud a Nord. La maggior parte dei malati oncologici, infatti, parte dalla Campania, dalla Calabria e dalla Sicilia, a seguire le regioni Abruzzo e Sardegna. A determinare la scelta di curarsi fuori sono le liste d’attesa, che in media per la chirurgia oncologica raggiungono i 60 giorni, ma anche la mancanza di alcuni dispositivi come gli acceleratori lineari necessari per la radioterapia. Come ha spiegato Francesco De Lorenzo, presidente Favo:

Gli strumenti per migliorare la situazione esistono ma non sono applicati. Il piano Oncologico Nazionale 2011-2013 non è ancora stato realizzato. La prossima approvazione del Patto della Salute deve necessariamente includere anche questo documento, per garantire ai malati di cancro il diritto alla riabilitazione e al sostegno psicologico.

Come ha sottolineato Emilia Grazia De Biasi, presidente della commissione Sanita del Senato, la disparità tra Nord e Sud va corretta anche alla luce dell’avvio dell’assistenza transfrontaliera. È impensabile presentarsi all’Europa in queste condizioni, con liste d’attesa infinite, ritardi nell’accesso ai farmaci e una relazione tra ospedale e territorio arcaica.

Pierpaolo Vargiu, presidente della commissione Affari Sociali della Camera ha puntato il dito anche contro gli ospedali sotto casa, che fanno pochissimi interventi l’anno e che andrebbero chiusi perché ingannano il cittadino facendogli credere che può avere delle prestazioni che in realtà non ci sono.

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