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Tumori, si muore per povertà

La ricerca contro il cancro va sempre più avanti ma in Europa e nel resto del mondo si continua a morire a causa dei tumori: per via della povertà i numeri dei decessi crescono invece di diminuire. E la colpa va data a diagnosi tardive dettate sempre di più dalla mancanza di soldi della popolazione.

Non è un mito: chi non ha abbastanza soldi per poter condurre una vita quotidiana tranquilla tende a non sottoporsi a check up di rito o a richiedere esami specialistici: non vi sono infatti i fondi per poterli affrontare economicamente. E quando ci si sente male si decide spesso di chiudere un occhio nella speranza che il dolore ed il malessere passino il più in fretta possibile. Il problema è che dietro ad un disturbo che sembra essere irrisorio ogni tanto può nascondersi una malattia più grave di quel che si pensa. E lo scoprirla in tempo può fare davvero differenza tra la vita e la morte.

A raccontarlo è uno studio inglese pubblicato su “The Lancet” il quale utilizzando i dati della Banca mondiale e dell’Organizzazione mondiale della Sanità ha analizzato il rapporto tra disoccupazione e salute in più di 70 paesi per un periodo di circa 21 anni.  Gli scienziati della statunitense Harvard e quelli inglesi dell’Imperial College e del King’s College di Londra e di Oxford sono giunti alle loro conclusioni dopo aver confrontato i tassi di mortalità per tumore nel periodo 2008-2010. Nello specifico sono entrati a fare parte della stima il cancro al polmone ed al colon-retto, quello alla prostata ed il cancro al seno. Ha commentato Mahiben Maruthappu, uno degli autori principali:

Abbiamo visto che l’aumento della disoccupazione è associato all’incremento della mortalità per cancro,  ma anche che una copertura sanitaria universale protegge da questo effetto. Tagli alla sanità possono costare la vita. Se i sistemi sanitari hanno limiti di finanziamento, questi devono essere accompagnati da miglioramenti nell’efficienza per garantire ai pazienti lo stesso livello di cura, a prescindere dal contesto economico e dall’occupazione.

Basterebbe quindi molto poco per invertire l’infausto trend.

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