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Dialisi polmonare, nuova cura BPCO

La dialisi polmonare è diventata realtà. Per la prima volta è stata sperimentata con successo ed utilizzata per la terapia della BPCO, la broncopneumopatia cronica ostruttiva che secondo i calcoli degli esperti sarà nel 2015 la terza più frequente causa di morte nel mondo.

La descrizione dell’utilizzo della dialisi polmonare, accompagnata dai risultati ottenuti sui pazienti, verrà pubblicata nel numero di ottobre della rivista di settore Critica Care Medicine. La BPCO causa la presenza di elevati livelli di anidride carbonica nel sangue, causando una insufficienza respiratoria acuta a chi ne soffre. I muscoli respiratori in pratica non riescono più ad ossigenare correttamente l’organismo. Di solito tale patologia viene approcciata con una ventilazione non-invasiva, ovvero con l’apposizione di una maschera collegata a un ventilatore meccanico che elargisce i volumi di ossigeno necessari a rimuovere l’anidride carbonica. La dialisi polmonare entra in gioco nei casi in cui tale terapia si rivela non sufficiente.

La sperimentazione di questo strumento è tutta italiana: le Terapie intensive dell’ospedale Molinette della Città della Salute e della Scienza di Torino e del Sant’Orsola di Bologna, hanno utilizzato questo sistema di dialisi polmonare in 25 pazienti con BPCO. Questo sistema, di tipo mini-invasivo depura il sangue dei pazienti. Il suo utilizzo ha fatto calare sensibilmente sia la necessità di intubazione dei pazienti, sia la loro mortalità. Un approccio di tipo invasivo con una ventilazione forzata, sebbene in grado di liberare i malati dall’eccesso di anidride carbonica, sarebbe in grado di causare anche diversi problemi all’apparato polmonare, compromettendone con il passare del tempo la funzionalità.

Si tratta di un ragguardevole passo in avanti per la medicina e la ricerca soprattutto pensando al grande numero di persone che a causa del fumo di sigaretta o dell’inquinamento sviluppano una patologia così grave come la BPCO. Il riuscire a portare questa apparecchiatura in tutti gli ospedali potrebbe portare ad una prognosi migliore per tutti i malati.

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