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Morbo di Alzheimer e perdita della memoria, un rischio prevedibile

 Parliamo di perdita della memoria in relazione al morbo di Alzheimer. Come sapere se si è a rischio per intervenire tempestivamente e limitare i danni? Secondo un recente studio, il declino delle funzionalità cognitive si può prevedere nei pazienti in età avanzata ed in perfetta salute, analizzando i dati combinati di un esame del sangue genetico e di una risonanza magnetica funzionale.

Un test combinato che ha avuto successo riconoscendo in tempo i segnali di perdita della memoria imminente in ben tre quarti dei partecipanti all’analisi, tutti soggetti che avrebbero iniziato a sviluppare il disturbo entro 18 mesi dalla data di effettuazione dell’esame.

Esame che si deve al lavoro di John Woodard, docente al College of Liberal Arts and Sciences ed all’Institute of Gerontology della Wayne State University. I risultati completi dello studio sono stati pubblicati dalla rivista di divulgazione scientifica Journal of Alzheimer’s Disease.
Spiega Woodard che

Nessuno prima d’ora aveva studiato la combinazione di questi test su un campione di pazienti così vasto.
I risultati hanno implicazioni importanti perché potranno determinare chi ha più probabilità di trarre beneficio da trattamenti preventivi contro il morbo di Alzheimer.

Woodard ed i suoi colleghi hanno effettuato cinque test su 78 anziani sani: una risonanza magnetica strutturale che misura la dimensione della regione ippocampale del cervello; una risonanza magnetica funzionale (fMRI) che mostra come il cervello si attiva durante le attività mentali, un esame del sangue che identifica l’allele APOE ε4 (un noto indicatore genetico per l’Alzheimer) e due test neuropsicologici.

La combinazione più efficace di test per prevedere il declino cognitivo a breve termine è stata la risonanza magnetica funzionale insieme all’esame dell’indicatore genetico.

“L’uso di questi test potrebbe svolgere un ruolo importante nello sviluppo di farmaci per la prevenzione del morbo di Alzheimer e altre demenze”, ha spiegato Woodard. “Se siamo in grado di intervenire prima che la gente sviluppi i sintomi, potremmo essere in grado di rallentare la progressione della malattia o eliminarla del tutto.”

Se riuscissimo a ritardare l’insorgenza dell’Alzheimer di cinque anni, ridurremo il numero di nuovi casi della metà. Se riuscissimo a ritardarla di 10 anni, potenzialmente potremmo debellarla del tutto, ha concluso Woodard.

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[Fonte: “Prediction of Cognitive Decline in Healthy Older Adults using fMRI”, Journal of Alzheimer’s Disease]