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Dopo 30 anni di sperimentazione è quasi pronto il vaccino anti-malaria

Nella sua lunga storia scientifica l’uomo è riuscito a debellare centinaia di malattie, ma non era riuscito a far nulla contro una delle più terribili, la malaria. Si tratta di una delle peggiori epidemie che l’essere umano può conoscere, con una media di 500 milioni di casi e circa un milione di decessi all’anno, il 90% dei quali in Africa.

Finalmente, dopo 30 anni di ricerche e sperimentazioni, forse si è giunti ad una soluzione. A svilupparla è stata la Glaxo Smith Kline, una società americana incaricata dall’esercito statunitense di trovare una soluzione all’epidemia che colpì, ad inizio anni ’80, migliaia di americani giunti in Africa. Non si trattava di una malattia come le altre. Essa si diffondeva alla velocità della luce, a causa delle miliardi di zanzare infette che popolano il continente, ed anche per la complessità di tale virus, di cui gli scienziati non ci hanno capito nulla per tanti anni.

Quello a cui oggi i ricercatori americani ed europei, che hanno lavorato insieme per tutto questo tempo, sono riusciti a produrre è una stimolazione del corpo, il quale è portato a produrre degli anticorpi che colpiscano il microrganismo fino a distruggerlo. La sfida infatti era di riuscire a “sbarrare la strada” al virus nel breve tratto di sangue che intercorre tra l’inoculazione da parte della zanzara e il fegato, dove si va a riparare da eventuali attacchi degli anticorpi. Una volta arrivato lì, il plasmodio si moltiplica e viaggia nuovamente verso i globuli rossi, momento in cui si sviluppano i primi sintomi.

Poco dopo l’inizio della collaborazione fu scoperto il gene del “nemico” strategico per la sua aggressione all’uomo. Produce la proteina della superficie del parassita della malaria che gli permette di trovare riparo nelle cellule del fegato. Poi riuscimmo a fondere questa proteina con quella del nostro vaccino contro l’Epatite B. La risultante particella RTS, S stimolava la produzione di anticorpi. Aggiungemmo dei “potenziatori” della reazione di difesa, o adiuvanti, sviluppati da noi, e la reazione immunitaria crebbe ulteriormente

spiega Joe Cohen, capo della ricerca. Secondo lui, la stimolazione attuale è in grado di evitare l’infezione nel 64% dei casi, abbattendo di molto il tasso di mortalità. Al momento dovrebbero essere allo studio almeno altri 70 vaccini, ma questo sembra il più pronto, visto che è stato già testato anche sull’uomo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, se tutto dovesse andare secondo i piani, entro 3 anni il vaccino potrebbe già cominciare ad essere distribuito.

Fonte: [Repubblica]