Home » MEDICINA TRADIZIONALE » Virologia » Malattie virali croniche nelle carceri: la situazione

Malattie virali croniche nelle carceri: la situazione

 La salute non conosce confini. E’ questo l’intento ed il nome della campagna d’informazione sulle patologie virali croniche all’interno degli istituti penitenziari italiani condotta da diverse associazioni mediche e sociali e patrocinata dal Ministero della Giustizia e della Salute. Un progetto che non solo rappresenta il punto della situazione sul tema ma che propone soluzioni adeguate.

Un esempio? E’ stata introdotta la figura del “peer educator”, un tutore competente e preparato, ex carcerato, in grado non solo di capire le problematiche delle persone private della propria libertà, ma al contempo di saggiare il terreno e aiutare gli stessi ad aprirsi ed a palesare le difficoltà più gravi in materia di salute, come per l’appunto le malattie croniche virali.

I dati raccolti ed analizzati fino ad ora riguardano le condizioni di salute di 4.072 detenuti, di età media pari a 46 anni e comprendente una percentuale femminile del 4,7%. Statisticamente l’82,8% dei detenuti era italiano e l’83,6% ha dichiarato di non essere tossicodipendente.  E’ proprio quest’ultimo fattore di rischio ad essere considerato il peggiore per ciò che riguarda il contagio da HIV e HCV mentre per ciò che riguarda l’epatite B, è l’eterosessualità il comportamento ritenuto più a rischio dal 48% dei detenuti.

La campagna è stata promossa per aiutare i detenuti a prendere coscienza delle proprie patologie croniche e contemporaneamente a misurare a quanto ammonti il numero dei malati sommersi, quelli che non sanno di essere malati.

Spiega il presidente della Simpse (Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria, N.d.R.) Sergio Babudieri:

Oggi il Progetto è in itinere, ma il primo obiettivo appare ragionevolmente già raggiunto: ben 1.546 persone detenute sulle oltre 4.000 presenti sono state direttamente raggiunte dalle informazioni fornite dal Peer-Educator esterno di NPS e sono state sensibilizzate a trasmettere le stesse informazioni ai propri compagni qualora le ritenessero condivisibili. A conferma di questo, il tasso di esecuzione dei test di screening nei 9 Istituti che ad oggi hanno reso disponibili i risultati, sono passati per quanto riguarda HIV dall’11,1% pre-intervento al 56% attuale. Da ultimo desidero sottolineare che dai soli dati parziali al momento disponibili, già 130 persone detenute hanno avuto modo di prendere coscienza di una patologia attiva prima non nota.

Photo Credit | Thinkstock

Articoli correlati:

Epatite C e nuove terapie per guarire

Epatite B, la scheda

Simpse