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Come il cervello calcola il tempo

Come calcola il tempo il cervello?  E quando soffriamo di particolari malattie? Come cambia la nostra percezione? Il prof. Leandro Provinciali, Presidente SIN e Direttore della Clinica Neurologica e del Dipartimento di Scienze Neurologiche degli Ospedali Riuniti di Ancona, ci aiuta a capirlo.

Il nostro cervello misura il tempo in base agli eventi che si succedono l’uno all’altro ed alla loro percezione “aiutato” dal lavoro del suo lobo frontale, in grado di riconoscere la “sequenza temporale degli eventi”. Cosa significa questo? L’uomo possiede la capacità di identificare lee condizioni che portano ad un effettivo accadere degli eventi e quindi riesce a monitorare il tempo. Logica (applicata dalla nostra mente, N.d.R.)e cronologia, in poche parole, sono i fattori primari che ci aiutano a percepire la “quarta” dimensione.

Ma cosa accade quando si presentano malattie come la demenza o l’Alzheimer? O ancora alcune tipologie di eventi traumatici? Il cervello perde questa sua facoltà di “mettere in ordine” le informazioni, facendoci perdere non solo la memoria del tempo, ma anche un sua effettiva comprensione. Spiega il prof. Leandro Provinciali:

Il meccanismo attraverso il quale si realizza la compromissione della percezione del tempo è diversificata. Nelle principali forme di demenza, ad esempio, il soggetto non riesce a rievocare episodi della propria giornata, soprattutto se non legati ad un particolare contenuto emotivo. Nelle forme più avanzate, non riesce a legare le proprie abitudini giornaliere (come consumare un pasto o uscire) all’orario abituale di esecuzione.

In questo modo ci si può anche rendere conto di quanto una patologia sia avanzata: la perdita di riferimento temporale cronico è sintomo di una condizione neurologica negativa importante.

La percezione del tempo non viene alterata solamente da malattie o incidenti: si possono sperimentare degli “episodi” in tal senso anche grazie alle emozioni o a particolari tipologie di esperienze come un’anestesia. Ovviamente si tratta di brevi periodi relativi ad un’alterazione della nostra “attenzione sostenuta”, ovvero il legare l’esperienza vissuta al riferimento temporale. Un esempio? Quando ci si diverte spesso si “perde traccia del tempo”.

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