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Dolore cronico, in Italia il paziente “sopporta”

Il dolore va accettato perché fa parte della vita. Questa l’assurda quanto inaccettabile (nell’era della medicina che fa miracoli) motivazione che spinge molti italiani a sopportare con rassegnazione il dolore cronico. Sopportato e poco curato. Questo il ritratto che emerge dall’indagine “Non siamo nati per soffrire. Dolore cronico e percorsi assistenziali” realizzata da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, presentata ieri al Senato, alla vigilia della IX Giornata nazionale del Sollievo. L’incontro é stato presieduto tra gli altri dal Senatore Antonio Tomassini (presidente della XII Commissione permanente Igiene e Sanità) e dal professor Guido Fanelli, coordinatore della Commissione Terapia del Dolore e Cure Palliative del ministero della Salute. Il  vicepresidente di Cittadinanzattiva, Giuseppe Scaramuzza, nel suo intervento ha spiegato che

sebbene una legge importante da poco approvata sulle cure palliative e la terapia del dolore (legge n.38 del 15 marzo 2010) faccia ben sperare, a vincere é la scarsa informazione e un approccio culturale inadeguato nella cura del dolore cronico non oncologico. Il nostro impegno, in coincidenza con i trent’anni del nostro Tribunale per i diritti del malato, sarà di valutare l’applicazione della legge ed informare i cittadini che non soffrire é un loro diritto.

Le cifre parlano chiaro: un cittadino su tre aspetta mesi, a volte anche anni, prima di consultare un medico rispetto al suo dolore cronico. Il 29% degli italiani lo sopporta senza curarlo, il 23% lo cura con antidolorifici.
Prima di giungere ad un centro specializzato per il dolore cronico possono passare anche mesi (per il 34% degli intervistati) o addirittura anni (27%).
Gettonate le cure alternative: massaggi (34%), agopuntura (20%), omeopatia (15%), chiropratica (11%), osteopatia (8%).
Le maggiori lacune lamentate dai pazienti riguardano l’ascolto da parte del medico: il 55% pensa sia insufficiente.
Nella prescrizione degli oppiacei si fa avvertire il divario Nord-Sud: se al Nord a riceverne la prescrizione sono il 52% dei pazienti, al Centro il 42%,  al Sud la percentuale si attesta al solo 25%. Le Asl nel 53% dei casi peccano in carenza di informazioni e nell’indirizzamento a centri specializzati nel dolore cronico.  Non va meglio per i medici: l’80% non parla ai suoi pazienti dell’esistenza di tali centri. I centri di terapia del dolore esistenti sono sconosciuti al 75% dei pazienti. Una percentuale altissima.

A conti fatti, in tutta questa disinformazione, è proprio il cittadino a pagare, soffrendo in silenzio per anni: il dolore cronico mina la qualità della vita, le relazioni sociali ed in casi estremi favorisce il suicidio. Il primo passo da compiere è intervenire sull’approccio culturale e su una corretta informazione. In sintesi, al malato deve pervenire ben chiaro questo concetto: non siamo nati per soffrire ed esistono centri specializzati che possono aiutarci a non farlo.

[Fonte: Agi Salute]