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Epilessia, cosa fare quando i medicinali non bastano

 In Italia i malati di epilessia ammontano a 90mila persone. Di questo totale, circa un 25% non subiscono il giusto effetto dei farmaci dedicati, o gli stessi hanno perso la validità un tempo in loro possesso, lasciando questi pazienti in balia delle crisi. Cosa fare?  Sono diverse le opzioni: medicinali di nuova generazione ed in alcuni casi, la neurochirurgia.

Parliamo di opportunità di tipo differente  che nella maggior parte dei casi si scoprono essere risolutive. Essenzialmente in entrambi i casi si punta ad “eliminare” o scollegare le cellule nervose “impazzite” che causano gli attacchi epilettici. Tecnicamente si parla di interventi demolitivi e resettivi come l’emisferotomia e la callosostomia che per la loro complessità vengono valutati attentamente prima dell’utilizzo, soprattutto per i danni collaterali che sono in grado di apportare.

Di norma il loro ricorso in caso di epilessia si valuta caso per caso. Tra gli approcci utilizzati con maggiore tranquillità, sebbene risultino meno risolutivi, vi sono quelle riguardanti la neurostimolazione, efficace ma interessante degli effetti collaterali di tipo minore.

Come spiegano gli esperti del centro dedicato ad Ancona:

Abbiamo risolto il 60-80% delle crisi resistenti di bambini affetti da epilessia secondaria a encefalopatia  trattandoli con callosotomia, una procedura che separa gli emisferi, entrambi malati, per evitare il riverberare degli stimoli epilettici. Ciò però espone al grave rischio di una sindrome da disconnessione con deficit nel passaggio di alcune informazioni da un emisfero all’altro. Onde evitare tali rischi in alcuni di loro si è allora optato per la stimolazione vagale, (VNS) una tecnica di neurostimolazione, ottenendo comunque una buona efficacia, che è arrivata al 38%.

Numeri analoghi vengono riscontrati nelle strutture di tutta Italia.

Se non si ha possibilità, per qualsiasi motivo, di ricorrere alla chirurgia resettiva, la stimolazione vagale è una delle opportunità terapeutiche più trattate, grazie all’alta tolleranza nei confronti della stessa da parte di bambini e adulti. Vi è poi la stimolazione celebrale profonda, considerata uno dei trattamenti principali contro gli attacchi di epilessia.

Questi due metodi puntano entrambi a “calmare” le cellule impazzite. La loro differenza consta che nel secondo caso vengono posizionati nel cervello dei micro-cateteri stimolatori.

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