Home » Neurologia » Neuroni specchio presenti anche nei non vedenti dalla nascita

Neuroni specchio presenti anche nei non vedenti dalla nascita

Dalla scoperta di alcuni scienziati emiliani dei famosi “neuroni specchio“, la comunità scientifica si è divisa e ha dibattuto a lungo sulla loro esistenza. Ma se fino a questo momento, veri o no, i neuroni specchio venivano attribuiti alla capacità di vedere e riflettere le azioni degli altri all’interno del proprio cervello, una recente scoperta, sempre italiana, ha provato che questi neuroni vengono attivati anche nelle persone che non possono usufruire degli occhi: i non vedenti.

In particolare, spiega Emiliano Ricciardi, componente del team di ricerca dell’Università di Pisa, si attivano quei neuroni che in un certo senso si sostituiscono a quelli visivi, i quali spiegano come mai le persone che non possono vedere dalla nascita, riescano a muoversi nel mondo come se fossero perfettamente normali.

I neuroni specchio, in breve, sono quei neuroni che si attivano mentre una persona compie un’azione, e attraverso l’empatia, essa viene compresa dall’osservatore. Nella mente di chi guarda, l’azione viene riflessa, ed è come se venisse riprodotta per poter essere meglio compresa. Il Cnr di Pisa ha individuato, tramite risonanza magnetica funzionale, un’attività simile anche nei ciechi.

Si sa infatti che nei non vedenti la funzione degli occhi viene spesso sostituita da quella delle orecchie. Quando per esempio un disabile ascolta un rumore o un suono, come ad esempio il picchiettare di un martello o lo squillo di un campanello, nel suo cervello avviene una reazione simile a quella osservata nei neuroni specchio nei normodotati, anche se con modalità leggermente differenti. Spiega Ricciardi che:

ciò porta a dimostrare che l’apprendimento e il riconoscimento delle azioni degli altri non dipende esclusivamente dall’esperienza visiva ma può avvenire attraverso altre modalità sensoriali utilizzando le stesse strutture del cervello.

Secondo un altro ricercatore pisano, Pietro Pietrini, questo dimostra che il nostro cervello è “sopramodale“, cioè sia in grado di elaborare le informazioni a prescindere dalla modalità sensoriale con cui esse vengono assorbite.

[Fonte: [Corriere della Sera]