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Il nuoto: un aiuto per l’autismo

Il nuoto viene considerato da tutti una disciplina completa ed un’attività sportiva che può essere svolta da tutti senza limitazioni: dai più piccoli ai più anziani, tutti possono godere dei benefici di una nuotata. L’ acqua poi, grazie alle sue proprietà, consente di effettuare gli esercizi riducendo il rischio di traumi e, anzi, alcune volte viene consigliata proprio come aiuto nella fisioterapia.

Grazie agli studi di alcuni giovani psicologi sembrerebbe che il nuoto gioverebbe  anche dalle persone che soffrono di autismo e che aiuterebbe a far regredire la patologia. Proprio sui movimenti in acqua è stata codificata una nuova terapia per l’autismo, detta multisistemica, che viene  effettuata in piscina e permette di lavorare sulle abilità motorie, ma sopratutto sulla comunicazione e le relazioni interpersonali, aree duramente colpite dalla patologia.

L’ autismo è un disturbo psicologico che tende a comprire nei primi anni di vita del bambino. Agendo direttamente sul funzionamento del cervello influisce pesantemente sui comportamenti e la comunicazione con gli altri. Le abilità sociali e comunicative sono pesantemente compromesse e così ri rende quasi impossibile avere relazioni normali con se stessi e con gli altri, infatti varie forme di aggressività e autolesionismo sono due caratteristiche riscontrabili spesso nei soggetti autistici.

L’idea di aiutare le persone affette da questa patologia grazie ai benefici dell’acqua nasce dalla mente di Giovanni Ippolito, ex-istruttore di nuoto per soggetti con disabilità, che con la collaborazione di  Giovanni Caputo e Paolo , ex-colleghi di università, ha condotto alcuni studi, circa dieci anni fa, per mettere a punto una terapia per l’autismo basata appunto sul nuoto. Identificata dalla sigla TMA, che vuol dire Terapia Multisistemica in Acqua, prevede varie fasi ed utilizza inoltre metodiche cognitive, comportamentali, relazionali e senso motorie.

Il nuoto non è il fine della terapia, ma un prezioso veicolo attraverso cui raggiungere gli obiettivi terapeutici e migliorare le capacità di socializzazione e di integrazione. Acquistare dimestichezza con l’acqua aiuta a far aumentare l’ autostima ed acquisire un senso di autoefficacia e così, il soggetto si sente più sicuro ed in grado di interagire con l’ambiente esterno con un netto miglioramento anche delle relazioni con gli altri. Il nuoto e l’aspetto ludico, poi, aiutano anche a gestire le proprie emozioni.

Una terapia semplice, ma anche complessa perché coinvolge aspetti relazionali ed emotivi posti sotto forma di gioco: l’intero percorso prevede poi che anche genitori e familiari prendano parte alle varie fasi della terapia per poter condividere i risultati ed i progressi, un enorme stimolo anche per il paziente. Grazie alla TMA possono essere curati anche i sintomi più difficili ed i miglioramenti sono quasi immediati: Antonella e Angelo, ad esempio, genitori di una bimba di 11 anni che soffre di autismo, affermano che “già dopo i primi mesi la situazione cominciò a cambiare e Angela voleva andare in piscina”. Apprendendo comunque una disciplina sportiva, in acqua vengono impartite anche regole e la presenza dell’istruttore, il punto di riferimento, stimola i pazienti ad avere fiducia negli altri.

Effettuata per la prima volta in Campania, oggi in Italia sono circa un centinaio i centri in cui viene praticata.