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A noi piace avere paura

Quanti attacchi di panico collettivo si sono calcolati negli ultimi anni? Aviaria, Sars, immigrazione, riscaldamento globale, la crisi finanziaria, e per ultima l’influenza suina. Sicuramente ne ho saltati altri, ma racchiudere così tanti allarmi sociali, spesso ingiustificati, in così poco tempo ci fa capire che qualcosa non va nella mente umana.

O meglio, siamo noi che non la facciamo andare. La spiegazione è che a noi piace avere paura, e cerchiamo sempre qualcosa per cui allarmarci. Ne sono convinti Simon Briscoe e Hugh Aldersey-Williams, due statistici inglesi che hanno pubblicato il loro studio su Panicology, un libro edito negli Stati Uniti. Grazie a questo meccanismo infatti si spiegano i successi dei fari film catastrofici, ribattezzati “disaster movie” come The Day After Tomorrow oppure Armageddon, in cui gravi catastrofi colpiscono la Terra, ma che hanno tutte un lieto fine.

la vita moderna ha fortemente ridotto molti dei rischi che l’umanità deve affrontare, e tuttavia è proprio la vita moderna che sembra generare gran parte delle nostre paure: l’immigrazione, l’invecchiamento, la perdita di identità culturale. E’ come se dovessimo temere per forza qualcosa.

E di esempi ce ne sono tanti. La paura dell’aviaria, che dopotutto ha portato a solo 300 morti in tutto il mondo, quanto più o meno quelle di una normale influenza, oppure il panico ingiustificato dell’influenza suina che ha portato al macello di migliaia di maiali, quando poi si è scoperto che quei poveri animali non c’entravano niente con il contagio.

Ma questo aspetto della menta umana potrebbe essere positivo, spiega Briscoe. Infatti potrebbe essere usato a vantaggio di campagne sulla salute, come quella sui rischi del fumo, visto che tutte le tecniche che finora si sono tentate non hanno avuto successo. Non è un caso che spesso chi decide di non fumare lo fa perché ha visto un parente o un amico morire di cancro al polmone. Bisogna rendere tangibile la paura per scatenarla, com’è accaduto per i media sulle influenze che si sono susseguite in passato, e che spesso si basano su false percezioni che, inspiegabilmente, hanno maggiore presa sulla nostra mente dei veri pericoli. L’esempio più classico è la paura di volare, ma la stragrande delle morti per incidenti avviene su strada, eppure nessuno ha paura di prendere una macchina. Il modo per risolvere questa situazione? Non eliminare il rischio, ma il semplice autocontrollo.

[Fonte: Repubblica]