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Non è vero che sbagliando s’impara: gli errori si scordano, i successi no

Abbiamo visto più volte in passato che gli antichi detti popolari spesso avevano un fondo di verità. Altre volte però capita che questi, non basandosi su dati scientifici, delle volte sbaglino, ed è proprio il caso del famoso detto “sbagliando s’impara“. Secondo una ricerca effettuata al Massachusetts Institute of Technology pare proprio che sia esattamente il contrario: impariamo più dai nostri successi che dai nostri sbagli.

Secondo i ricercatori, all’interno del nostro cervello quando compiamo un’azione, avviene un meccanismo di “premiazione” o “punizione”. In particolare c’è l’attivazione di alcuni neuroni i quali, se abbiamo fatto una cosa giusta e veniamo premiati per questo, fissano bene in mente quel momento perché il meccanismo del premio porta il nostro cervello a ripetere l’azione stessa per essere nuovamente premiati. Al contrario, il meccanismo della punizione non si fissa così bene nel cervello, specialmente se al posto della punizione non avviene nulla, così da aumentare la possibilità di sbagliare in futuro.

L’esperimento, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Neuron, si basava sull’osservazione delle scimmie che avevano applicati dei sensori per visualizzare le aree della corteccia prefrontale (che armonizza pensieri e azioni) e quella dei gangli basali (che controllano i movimenti). Poste davanti ad uno schermo, le scimmie si dovevano voltare verso sinistra se vedevano un uomo con la pipa, e verso destra se osservavano un semaforo. Se gli animali facevano bene il movimento, venivano premiati con una carota, se lo sbagliavano non accadeva nulla.

I ricercatori hanno così potuto osservare che, al momento del premio, l’attivazione dei neuroni ad esso collegati durava circa 5 secondi, mentre al contrario quando non veniva assegnato alcun premio, l’attivazione durava meno di un secondo. Ciò significa che il ricordo del premio veniva fissato molto di più di quello della “punizione”, in maniera tale che se una scimmia sbagliava, capitava altre volte che continuava a sbagliare, ma una volta azzeccata la combinazione giusta, continuava a farla correttamente perché l’aveva fatta propria.

La sperimentazione sull’essere umano invece si è rivelata più complessa, ma anche più interessante. Pare infatti che tra i bambini di 8-9 anni, il meccanismo fosse simile a quello delle scimmie, ma si modificava qualche anno dopo, all’inizio dell’adolescenza, quando anche i fallimenti venivano memorizzati altrettanto bene. In età adulta invece non esiste più alcuna differenza.

[Fonte: Repubblica]