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Parkinson, l’effetto dei farmaci antidiabetici

Il Parkinson verrebbe tenuto a bada per un certo periodo dei farmaci antidiabetici. È questo il risultato di uno studio italiano condotto dal Centro Parkinson e  parkinsonismi dell’Asst Gaetano Pini-CTO di Milano.

Una ricerca molto importante dal punto di vista terapeutico

La ricerca, pubblicata sulla rivista di settore Journal of Neurology ha potuto contare anche sul contributo della Fondazione Grigioni per il morbo di Parkinson. E dimostra ancora una volta come la chiave per approcciare alcune patologie attualmente incurabili potrebbe arrivare da farmaci nati per curare altre malattie.

In questo caso a essere coinvolti sono i farmaci antidiabetici, che potrebbero aiutare nel contrastare questa patologia neurodegenerativa dotata di una progressione lenta ma costante. È stato rilevato che coloro che assumono farmaci antidiabetici sviluppano la malattia di Parkinson cerca sei anni dopo rispetto a chi non ha usufruito degli stessi medicinali.

L’indagine ha preso a campione oltre 8000 persone visitate al centro di Milano tra il 2010 e il 2019. È stato possibile notare come in coloro che erano affetti da diabete e assumevano medicinali contro la patologia, l’insorgenza del Parkinson era deferita di circa sei anni. E quindi quando gli stessi avevano un’età media di oltre 66 anni.

Come ha sottolineato Gianni Pezzoli, il primo firmatario della ricerca, questo studio suggerisce come i farmaci antidiabetici possano avere una proprietà neuroprotettiva. Aprendo alla possibilità di somministrare sostanze come la metformina in coloro che non sono affetti da diabete, ma che potrebbero giovarne per quel che concerne il Parkinson. Già adesso, sottolinea, i dati raccolti sono significativi e inducono a studiare anche un potenziale ruolo di questi medicinali quando la malattia e già conclamata.

Una buona base per la lotta al parkinson

Questo studio sul Parkinson potrebbe rappresentare la base per dar vita a studi comparativi clinici importanti nei quali somministrare questi medicinali alle persone che presentano i fattori di rischio, come la familiarità o sintomi che possono essere considerati precursori. Parliamo di agitazione notturna, stipsi, lieve depressione tra gli altri.

I risultati ottenuti dallo studio italiano appaiono essere molto simili a quelle di altri ricerche condotte su modello animale relative ai potenziali benefici della metformina. Il Parkinson è una malattia che sul lungo termine diventa estremamente limitante per il paziente. La ricerca è sempre focalizzata sulla scoperta di eventuali terapie o interventi che possano aiutare il paziente ad affrontare al meglio il progredire nella patologia.

In questo caso una terapia preesistente per un’altra patologia potrebbe rivelarsi estremamente importante per dar vita a una eventuale cura. Qualcosa che potrebbe cambiare in meglio la qualità di vita di molte persone.