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Correlazione Alzheimer-batteri: ora c’è uno studio

La ricerca va avanti e ora si è scoperta una correlazione Alzheimer-batteri, secondo uno studio in collaborazione tra gli Stati Uniti e l’Europa. Lo studio è americano, ma ora partecipano anche pazienti europei, per validare quanto risulta dai test sui pazienti d’oltre Oceano.

L’Alzheimer è divenuta ora una malattia importante, e si contano circa 40 milioni di pazienti affetti dalla patologia in tutto il mondo. I malati di Alzheimer in Italia sono circa un milione, e questo aumento dei casi ha attirato le attenzioni dei ricercatori. Oggi questo nuovo studio, che sarà concluso nel 2021, conta di includere circa 570 malati sia in America che in Europa, per un quadro completo sulla correlazione tra i batteri e questa terribile malattia.

La correlazione con i batteri

Lo studio, molto importante, è frutto di una grande collaborazione internazionale tra la Jagiellonian University in Polonia, l’University of California, l’University of Louisville School of Dentistry, l’Harvard University School of Dental Medicine in Usa, l’University of Melbourne in Australia e l’University of Auckland in Nuova Zelanda.

Pubblicata su Science Advences, e finanziata dalla biotech californiana Cortexyme, la ricerca ha scoperto una correlazione tra il batterio ‘Porphyromonas gingivalis’ e l’Alzheimer. Si tratta di un batterio che provoca la parodontite e la piorrea, e per questo sono stati coinvolti i ricercatori della School of Dentistry. La ricerca riporta fedelmente:

“C’è l’evidenza che il Porphyromonas gingivalis e i suoi enzimi, chiamati gingipains, in grado di degradare le proteine nel cervello, possono giocare un ruolo centrale nella patogenesi dell’Alzheimer, fornendo un nuovo quadro concettuale per il trattamento della malattia”.

Questo non significa che la causa della malattia sia il batterio, ma resta un passo avanti per comprendere di più l’Alzheimer, le cui origini sono sconosciute.

Infatti, il batterio risulta fortemente presente nei malati di Alzheimer, con concentrazioni nel cervello piuttosto elevate. Alcuni residui del genoma del batterio sono presenti anche nella saliva e nel liquido cerebrospinale.

I ricercatori hanno realizzato anche dei test sperimentali sui topi, che una volta infettati hanno mostrato alcuni sintomi della demenza. A quanto pare il batterio andrebbe ad influenzare alcune proteine, tra le quali la beta-amyloide e la Tau. I “grovigli” creati nel cervello da queste proteine sono sempre rintracciabili nel cervello dei malati di Alzheimer.