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Il diabete e i cambiamenti climatici

Diabete e cambiamenti climatici: due problemi che affliggono in misura crescente l’umanità e che in apparenza non hanno alcuna connessione. Eppure sono entrambi i risultati di uno stesso processo, di quel modello industriale e commerciale che si è imposto a partire dal secondo dopoguerra. Ad illuminarci sull’argomento è Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana, oltre che volto noto del programma televisivo “Che tempo che fa“.

Cosa collega l’aumento della diffusione del diabete e il riscaldamento globale? Inquinamento, incremento dei gas serra e cattive abitudini alimentari derivano dal modello di sviluppo che si è imposto negli ultimi decenni. Un modello che, anche attraverso la motorizzazione di massa, ha condotto a stili di vita non salutari, come l’eccesso di sedentarietà.

I regimi dietetici che si sono imposti poi contribuiscono a loro volta all’effetto serra: si pensi per esempio al consumo di carne. Come è noto l’allevamento intensivo determina una grande emissione di gas serra.
Ma questo sistema di produzione e di consumo ha portato anche a vantaggi come la liberazione dalla povertà. Certo ci sono stati effetti positivi in termini di crescita economica, ma il problema è che ci siamo fatti prendere la mano.

 Non è la macchina in sé e per sé che fa male. È l’uso smodato che ne facciamo ad avere effetti deleteri sulla salute e sull’ambiente. Ci troviamo di fronte a un problema culturale ed educativo. E come si può risolvere questo problema? La gente non informata fa cattive scelte. Un ruolo importante sugli stili di vita dovrebbe essere svolto dai medici, che dovrebbero essere più attivi su questo fronte.

 Anche da parte degli Ordini professionali servirebbe una maggiore pressione. Ma è altrettanto importante il ruolo svolto dai Governi, anche perché non sempre il cittadino informato fa scelte razionali. I fumatori conoscono i danni del tabacco, ma non per questo abbandonano vizio. Poi l’informazione corretta si trova a combattere contro la pubblicità, che è stata studiata con trucchi particolari per essere più efficace.

Servirebbe quindi una sinergia: pubblico più preparato e ricettivo e interventi del Governo. Allo stesso tempo però l’intervento di tipo politico non può che essere limitato. I Governi non possono proibire la pubblicità dei Suv o dei cibi poco salutari. Servirebbe un cambiamento radicale di sistema ma siamo nel campo dell’utopia. Eppure con un atteggiamento diverso, non solo centrerebbero gli obiettivi del protocollo di Kyoto ma risanerebbero anche sulle spese sanitarie.