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Difficoltà a smettere di mangiare? Colpa dell’industria del cibo

Una recente ricerca condotta da David A. Kassler, responsabile della Food and Drug Administration americana, giunge ad una conclusione piuttosto comoda, e che farà piacere a molti. La difficoltà a resistere a cibi succulenti, soprattutto se dolci, non è dovuta tanto alla mancanza di forza di volontà, quanto alle strategie delle industrie alimentari che fanno i loro prodotti “troppo buoni da potergli resistere”.

In pratica è quello che ogni produttore vorrebbe sentirsi dire. Aver trovato il mix giusto di ingredienti che fanno “impazzire” il consumatore è quello a cui punta un imprenditore quando apre la sua azienda, ma secondo Kassler questa è una decisione piuttosto “delittuosa” perché si creano dei meccanismi di dipendenza simili a quelli dell’industria del tabacco, la quale a suo dire inserisce delle sostanze che portano i consumatori finali a non poterne più fare a meno, e a sentirne proprio il bisogno fisico.

Kassler ha voluto tentare un esperimento su sè stesso. Ha acquistato due comunissimi biscotti con scaglie di cioccolato, quelli che si trovano in qualsiasi supermercato anche in Italia. Li ha tenuti davanti agli occhi per tanto tempo in casa sua, ed è riuscito a resistere senza mangiarli. Ma dopo questa lotta con sè stesso, da cui ne è uscito vincitore, gli è capitato di passare da un bar, in cui essi erano esposti in vetrina, e senza la concentrazione che gli permetteva di avere la forza di volontà necessaria per resistervi, è entrato e ne ha subito mangiato uno.

Il problema, secondo lui, è che le industrie utilizzano un mix di grassi, zuccheri e sale fatti in maniera tale da rendere sempre più appetibile il prodotto e spingere il consumatore non solo ad acquistarlo, ma a consumarne sempre di più. Tutto questo meccanismo attiva nel cervello l’istinto di auto-gratificazione che non c’entra molto con la sazietà, ma con una sorta di sensazione di aver ottenuto uno scopo, di aver compiuto qualcosa di buono che ci fa sentire meglio, tant’è che questo meccanismo si attiva anche quando abbiamo appena finito un lauto pasto.

Kessler conclude affermando che secondo lui ci possiamo sforzare quanto vogliamo per non ingozzarci di questo tipo di prodotti, ma siamo di fronte a:

una sfida biologica resa ancora più difficile da una stimolazione sovrabbondante da parte dell’ambiente alimentare che ci circonda.

Allora non siete giustificati, ma se mangiate troppo oggi avete un peso in meno sulla coscienza.

[Fonte: Repubblica]