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L’invidia? Peggio di una storta al piede

Quante volte, vedendo qualche vostro collega, o quel conoscente che tanto vi sta antipatico, raggiungere un obiettivo a cui voi puntate da tempo, vi viene voglia di spaccare il mondo? E quante volte arrivate ad arrabbiarvi talmente tanto da stare male? Non vi preoccupate, non è nulla di strano, il nostro cervello la considera una cosa normale.

Una recente ricerca giapponese, pubblicata su Science, ha dimostrato come i sentimenti come l’invidia, o al contrario la soddisfazione che proviamo quando ad una persona antipatica va male qualcosa, sono identici alle sensazioni fisiche percepite dal cervello nel momento in cui, ad esempio, ci si sloga una caviglia, oppure si mangia della cioccolata.

L’esperimento è stato effettuato dall’equipe di Hidehiko Takahashi dell’Istituto Nazionale di Scienze Radiologiche di Inage-ku, il quale ha effettuato una risonanza magnetica del cervello di 19 persone e analizzato, a livello neuronale, le reazioni all’invidia, o al vedere le sventure degli altri.

La ricerca ha potuto dimostrare come incredibilmente si attivino le aree nella corteccia cingolata anteriore dorsale quando si prova invidia verso qualcuno, le quali sono le stesse che si attivano ad una storta o davanti ad una leggera ustione. In pratica si prova letteralmente del dolore fisico. Al contrario, davanti ad un “Schadenfreude”, in tedesco il termine indica il piacere nel vedere le sventure capitate ad altre persone, si attiva lo striato ventrale, che si associa all’appagamento, quello stesso appagamento che si prova mangiando della cioccolata o addirittura facendo del sesso. Quindi quando si afferma che una persona “ci gode” a veder soffrire un’altra, non si fa una metafora, ma ciò accade veramente.

In conclusione, si intuiscono due cose. La prima è l’ennesima conferma dei famosi neuroni specchio, i quali però permettono anche sensazioni fisiche e non esclusivamente mentali, la seconda è che il cervello non distingue tra emotività e fisicità, ma elabora entrambe le sensazioni allo stesso modo. L’infelicità è una vera e propria patologia quindi, da curare come se fosse un male fisico.

[Fonte: Repubblica]