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Solitudine, malattia di manager e gente comune

La solitudine è una vera e propria malattia. Dell’animo. E come tale deve essere considerata. Quel che colpisce particolarmente è che si tratta di un “disturbo” che colpisce la popolazione indistintamente ma con una particolare predilezione, da ciò che si evince dai dati disponibili, per i manager d’azienda.

Una categoria di persone che nessuno di noi considererebbe a rischio data la maggiore fortuna economica. Eppure è proprio così. La posizione di comando sembra non aiutare affatto questo gruppo di persone se si pensa che le persone che soffrono di solitudine in Italia sono in tutto 4 milioni e 500mila sono manager. I sintomi di questa malattia ovviamente sono tutti di tipo psicologico e sono moltiplicati in potenza dal particolare contesto socio-economico che l’intero mondo vive. Stare in una posizione di comando non è mai semplice e comprende comunque mantenere una certa autorità per gestire tutta una serie di dinamiche. E già questo presuppone un certo distacco tra le varie categorie in un contesto lavorativo. Se a ciò si aggiunge poi la tecnologia che seppur molto comoda sul posto di lavoro,  contribuisce ad aumentare il divario tra le persone ed a spersonalizzare la loro comunicazione… non riesce difficile credere che la solitudine possa colpire e fortemente questa categoria di lavoratori.

Ovviamente per combattere la solitudine, il miglior strumento è quello di abbattere le barriere che si vengono a costruire tra le persone ed eliminare quell’apatia nella quale di solito ci si rifugia quando ci si sente soli? Bisogna evitare di trasformare un disturbo del genere in una malattia difficile da curare come la depressione.  Un consiglio su come eliminare questo gap al lavoro arriva da un esperto in coaching di manager, Max Formisano:

La prima cosa dalla quale partire è guadagnare la fiducia dell’interlocutore, in quanto consente di aumentare la velocità dello scambio e diminuirne i costi. Per far sì che l’altro si fidi di noi, dobbiamo rispettare quattro principi: integrità (essere schietti e leali), intento (esplicitare finalità e aspettative) e capacità (mettere in evidenza i punti di forza e gli strumenti in possesso dell’azienda e del collaboratore per raggiungere l’obiettivo finale) e risultati (illustrare quelli raggiunti e prospettare una stima di quelli futuri). L’unica strada efficace che ha un leader è creare responsabilità nei collaboratori, conquistando la loro fiducia e fornendo loro continui stimoli e motivazioni.

Ne gioveranno il lavoro e la salute psicologica grazie a migliori rapporti interpersonali.

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