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Un pancreas artificiale possibile soluzione per i diabetici

Secondo i dati Istat relativi al 31 dicembre 2005, il diabete colpisce in Italia circa 2 milioni e 643 mila persone: il 53,1% di uomini contro il 46,9% di donne.
Il diabete di tipo I, in cui il pancreas non produce insulina a causa della distruzione delle cellule beta che producono questo ormone, colpisce il 5,7% della popolazione, circa 150.000 individui.
Nel diabete di tipo II, caratterizzato dall’aumento della glicemia nel sangue, il pancreas è capace di produrre insulina ma l’organismo non è poi in grado di utilizzarla. Si tratta della forma più diffusa e riguarda 2 milioni e 437 mila persone.

La speranza di una possibile cura arriva oggi dalla scienza per gli ammalati affetti da diabete I, di origine autoimmune.

Entro l’estate si prevede infatti l’inizio della sperimentazione sull’uomo di un pancreas artificiale.
La notizia, che accende le speranze di molti diabetici, è stata diffusa a Torino, al Congresso nazionale della Società Italiana di Diabetologia (Sid). La sperimentazione avrà luogo all’Università di Padova.

Lo speciale strumento, che potrà essere indossato dai malati, consiste di un sensore per il monitoraggio continuo del glucosio collegato ad un rilevatore.
Il rilevatore tiene sotto controllo costante il livello del glucosio, trasmettendo i dati via radio ad un computer.
Spetta poi al calcolatore il compito di registrare i dati e valutare la quantita esatta di insulina necessaria all’organismo.
Uno speciale microinfusore manda immediatamente in circolo l’insulina occorrente.

Questo dispositivo risolverebbe i problemi dei diabetici, costretti ad una vita difficile fatta di controlli costanti, orari fissi dei pasti, garantendo una totale libertà, dal momento che il dispositivo calcola tutto da solo ed inietta in automatico l’ormone.
Fino ad ora il pancreas artificiale era stato sperimentato dai ricercatori dell’Università della Virginia esclusivamente con simulazioni al computer su pazienti virtuali.
Se si avessero riscontri positivi sull’uomo, saremmo ad una svolta davvero importante per la cura del diabete di tipo I.