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Minori e nuove devianze sociali

«Vent’anni fa la normalità statistica era un nonno con cinque nipoti, oggi è un nipote che ha cinque nonni».

Con questo esempio parados­sale Francesco Paolo Occhiogrosso, presidente del Centro nazionale di documentazione e analisi sulla condizione dell’infanzia e dell’adole­scenza, prova a spiegare come è cambiata la situazione familiare dei minori italiani, commentando il Rapporto sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza che il Centro di documentazione ha recentemente pubblicato. Prosegue il dottor Occhiogrosso

«Non c’è dubbio che l’evoluzione della famiglia, abbia contribuito a modificare le condizioni dell’infanzia e dell’adolescenza: la fami­glia è sempre più piccola e si forma sempre più tardi. I figli adulti restano a casa e poche sono le lavoratrici che hanno la possibilità di conciliare i tempi del lavoro e quello degli affetti. C’è una grande instabilità coniugale e un aumento delle convivenze prematrimoniali. L’effetto portato su bambini e adolescenti minori è immenso».

Che cosa emerge di nuovo da questo ultimo rapporto?

 «C’è una frammentazione del di­sagio: la devianza minorile non è aumentata -anzi l’Italia è la penultima nazione in Europa-, ma è cambiata la quota. Non è più una devianza di tipo solo sociologico, che deriva da una difficile condizione economi­ca, prosegue il presidente. Oggi c’è la devianza dei ragazzi della mafia, di chi respira l’aria dell’omertà, di chi sta dalla parte del più forte, di chi schiaccia il più debole. Il bullismo, per esempio, che ha affinità con queste logiche di prevaricazione del più debole. Altro dato interessante è l’aumento della devianza del ceto medio, che riguarda soprattutto le problematiche della droga (assunzione e spaccio) e quelle connesse al malessere patologico della violenza familiare. Ed è nuovo anche l’evidenziarsi di forme di bullismo degli adolescenti di sesso femminile, fenomeno esclusivamente maschile fino a pochi anni addietro».

 Qual’è la risposta istituzionale al disagio dei minori?

 «La politica sta facendo ben poco. Da anni si parla di separazioni e divorzi, delle problematiche dell’adottabilità, dell’esigenza di creare un unico tribunale della famiglia specializzato, che si occupi di tutta l’area minorile, ma non se ne fa nulla. I fenomeni che conoscia­mo, i maltrattamenti e le molestie in famiglia, i problemi di una società interculturale integrata (pensiamo soltanto al delicatissimo problema dei minori rom, cinti e caminanti, che sono oggetto di profonda discri­minazione), pongono l’esigenza di un’attenzione sociale alla famiglia, con una rete di servizi dedicati, di centri d’ascolto, di supporti solidali, di una scuola attenta a queste tematiche. Tutto ciò tarda a venire per l’assenza di risorse economiche, che non consente l’attuazione di quelle forme di tutela necessarie a evita­re il degrado della situazione».

 Le risposte necessarie?

 «Innanzitutto, il lavoro per i giovani, la casa, la rispo­sta alla povertà, che riguarda in Europa 19 milioni di minorenni. Serve un programma di lavoro concertato tra tutti gli istituti dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali per realizzare, con la partecipazione anche della società civile, tutti gli interventi necessari a favore dell’infanzia e dell’adolescenza».