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Freddo intenso: come proteggerci

Il freddo vi innervosisce? Siete intolleranti ai piccoli disagi della pelle che diventa fragile? E normale: come affermano gli antropologi, noi umani mal sopportiamo l’inverno perché siamo “animali tropicali”. E’ infatti  il sole, probabilmente africano, che ha accompagnato i nostri primi passi sul pianeta, non la neve e non il vento freddo. Curiosamente, però, gli studiosi per scoprire come si è evoluto il pianeta non indagano ai tropici ma nei luoghi più freddi al mondo, dove microbi, batteri, meteoriti e tracce organiche sono congelate: da milioni di anni, come il lago Vostok, in Antartide, importante ”teca” biologica che raggiunge la temperatura record di circa  90 gradi centigradi.

 La sua zona è meta di diverse missioni per comprendere se tra la micro fauna e l’uomo ci siano reazioni comuni al freddo. Le donne, per esempio, hanno una maggiore differenza di temperatura fra la superficie della pelle e l’interno, motivo per cui hanno quasi sempre le mani fredde, ma sono più abili nel mantenere la temperatura del corpo costante. Per lo stesso motivo però sono esposte al rischio di geloni e necessitano di una protezione speciale nelle zone che rimangono scoperte, come il viso.

 

Il freddo non è un problema soltanto per chi abita al Polo, la sua morsa incide anche in città: ricerche dimostrano che a 8 gradi si perde la sensibilità delle dita e 12 è il limite per muovere le mani con agilità. Sul viso non va meglio, visto che a 10 gradi entra in azione il sistema anticongelamento: i capillari si dilatano per far affluire più sangue. Se il freddo è più intenso il cervello ordina ai piccoli vasi di restringersi e dilatarsi in modo alternato per non disperdere calore.

 Dal punto di vista estetico un disastro a cui si può aggiungere, sempre, l’azione photoaging del sole, visto che il cielo coperto non offre quella sorta di Spf naturale che si potrebbe pensare. Certi tipi di nuvole addirittura amplificano la quantità di raggi Uv responsabili dell’invecchiamento precoce: è un fenomeno non ancora del tutto spiegato, che avviene quando il cielo ha nuvole spezzate e sparpagliate, che lo coprono dal 60 al 90%.

 Gli Uv che colpiscono i bordi delle nuvole, infatti, rimbalzano verso il basso e sì uniscono ai raggi che filtrano da quelle più sottili. Uno studio americano ha dimostrato, poco tempo fa, che con un cielo di quel tipo i raggi Uvb, di solito fermati dalle nuvole, sono maggiori del 25% . E noi “tropicali di origine” non possiamo fare altro che trovare il modo giusto per proteggerci.