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Antibiotici, aumentata la resistenza della Klebsiella pneumoniae

 Sono aumentati i casi di antibiotico resistenza del batterio Klebsiella pneumonia, uno degli agenti infettivi più diffusi in ambienti ospedalieri e nosocomiali in genere (strutture per lungodegenza, ospizi, ecc). I dati sono sono stati presentati nel corso di un convegno che si è svolto presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che ha riconosciuto questa resistenza agli antibiotici come un pericoloso rischio emergente per la sanità pubblica. Molto spesso i dati numerici, per noi cittadini sono poco comprensibili, ma in questo caso meritano di essere citati: nel 2009 i casi diagnosticati di Klebsiella pneumoniae resistenti alla terapia con i carbapenemi, corrispondeva ad una percentuale dell’1,6% del totale, percentuale che ne 2010 è passata al 16%!

I dati del 2011, non ancora pubblicati, denunciano un unlteriore picco di resistenza. Ma di cosa parliamo nello specifico? Pensate che i carbapenemi sono una classe (o meglio una tipologia) di antibiotici da sempre considerati come salvavita, perché capaci di contrastare le infezioni che si dimostravano resistenti a più comuni antibiotici. Ora non bastano neppure più questi farmaci. La Klebsiella pneumoniae è responsabile di una grave infezione ai polmoni, ma soprattutto di gastroenteriti ed infezioni post-chirurgiche che, se non trattabili con gli antibiotici hanno un’alta mortalità. L’Italia, in Europa è tra i Paesi con i dati più alti di antibiotico resistenza: la frequenza di Staphylococcus aureus resistente alla meticillina, ad esempio è di circa il 40%, contro il 17% della media europea, mentre per la K. pneumoniae resistente ai carbapenemi ci si attesta sotto il 2%.

E’ ancora una brutta notizia che molti assimilerenno a mala pena e comunque con grande superficialità. Lo confesso, sono un pochino maniaca su questo argomento a tal punto da arrabbiarmi quando sento mamme che si consigliano il “miglior antibiotico” per stroncare sul nascere la febbre ed il mal di gola nei bambini! Una signora di recente, quando le ho fatto notare che se l’infezione fosse stata provocata da un virus, l’antibiotico non avrebbe funzionato, mi ha risposto:

Ci si prova, al limite male non fa!”

Ecco, questo è il concetto più difficile da sradicare: è molto pericoloso. I batteri killer di cui parliamo negli ultimi anni non uccidono perché sono più forti o particolari, ma solo perché si sono assuefatti al farmaco che li distrugge, sono diventati “resistenti” e non esiste più nessuna cura per eliminarli. Con un uso irresponsabile degli antibiotici in qualche modo “avveleniamo” l’organismo nostro e dei nostri bambini, rendendolo indifeso rispetto a batteri molto comuni, come nel caso dell’Escherichia coli. Ricordate? La resistenza ai carbapenemi è la stessa che caratterizza anche il super batterio New Delhi.

Fonte: Iss

Foto: Thinkstock