Home » IL NOSTRO CORPO » Occhi » I colliri: come usarli e per quanto tempo

I colliri: come usarli e per quanto tempo

I colliri si utilizzano per rendere gli occhi più brillanti e lumino­si, per dare sollievo quando sono arrossati e irritati. Ma al­cuni servono anche per mandare via una congiuntivite, per curare il glaucoma e la cataratta. E per lenire i sintomi di un’allergia. Sono i colliri, parola che deriva dal greco kollurion (unguento). Di solito sono liquidi (soluzioni acquose, oleose o sospensioni), ma possono essere anche solidi: pomate, unguenti, polveri. Con­tengono farmaci che penetrano la mucosa dell’occhio e grazie alla folta presenza di vasi sanguigni agiscono su tutta la regione ocu­lare. Alcuni richiedono la ricetta del medico. Altri no.

E in questi casi biso­gna stare attenti: come e per tutti i farmaci di au­tomedicazione è fonda­mentale chiedere un consiglio al farmacista di fiducia in modo da non commet­tere errori. Ciò che accomuna tutti i colliri in soluzione è la presenza di un vei­colo acquoso, così si chiama il li­quido in cui è immerso il farmaco, molto simile a quello delle lacrime naturali, in modo che non sia dannoso per le strutture dell’occhio, come la cornea.

I farmaci contenuti possono es­sere antibiotici, quando è ne­cessario contrastare un’infezione, oppure antinfiammatori quan­do bisogna mettere il freno a un’infiammazione e decongestio­nare l’occhio. Ma anche antista­minici, vasocostrittori o antivi­rali. A prescindere dallo scopo per cui si prendono, i principi attivi dei colliri si depositano sulla superficie dell’occhio e, in una certa percen­tuale, passano attraverso la cor­nea. Arrivano alle strutture più in­terne e qui esercitano la propria funzione.

Molte persone fanno un uso smo­dato di colliri a base di vasocostrittori perché rendono gli occhi più luminosi, più bianca la superfi­cie dell’occhio e tolgono il rossore. Anche se contengono pro­dotti naturali è bene non usarli ogni giorno: fanno sof­frire i vasi della superficie oculare, che vengono tenuti in uno stato di costante contrazio­ne, riducendo il passaggio di san­gue. Ciò può essere pericoloso se insorge un’infezione, perché at­traverso il sangue passano gli anti­corpi e le cellule immunitarie. E quando si sospende il trattamen­to, i vasi della superficie oculare si dilatano temporaneamente. L’oc­chio si arrossa e si deve instillare ancora il collirio, innescando un circolo vizioso e dannoso.

Per dare sollievo agli occhi arros­sati è molto meglio ricorrere alle lacrime artificiali: soluzioni sterili che trattengono l’acqua sulla su­perficie dell’occhio. Ecco com usarli: per prima cosa è fondamentale la­vare le mani accuratamente e pu­lire gli occhi con acqua per aspor­tare eventuali secrezioni.

Si fa così: dopo aver piegato la testa all’indietro, si instillano  le gocce nella parte inferiore del sacco congiuntivale, avendo tirato leggermente verso il basso la pelle sotto l’occhio, poco sopra lo zigomo, creando una specie di grondaia. È preferi­bile l’angolo esterno a quello interno come di solito si tende a fare, in modo da rallentare l’eli­minazione del farmaco attraver­so il canale lacrimale.

Dopo una o due gocce si chiude l’occhio per qualche secondo e si passa un dito facendo una lieve pressione all’angolo interno per chiudere il canale lacrimale, rallen­tando così il passaggio del farma­co verso il naso. Se si devono as­sumere colliri diversi in successio­ne, è bene aspettare cinque mi­nuti tra un’applicazione e l’altra.

Più difficile con i bambini: la cosa migliore è farli sdraiare a occhi chiusi e instillare il collirio nell’an­golo interno. Dopo di ché gli si dice di aprire lentamente gli occhi. Ciò semplifica la procedura, anche se gran parte del liquido viene eliminato più rapidamente. E le pomate oculari? Anch’esse vanno applicate nel sacco con­giuntivale, scostando la palpebra dall’occhio. Hanno il vantaggio di stare più a lungo a contatto con la parte trattata e avere così un’azio­ne più duratura. Meglio applicarle la sera prima di coricarsi perché possono provocare un transitorio offuscamento della vista.

Meglio poi non condividere lo stesso flaconcino tra più persone. Se non si usano confezioni mo­nodose, per evitare contamina­zioni del prodotto, è bene che il beccuccio del tubetto o il conta­gocce non entrino a contatto con l’occhio o le palpebre. In ogni caso, dopo ogni applicazione il contenitore va chiuso saldamente ed è bene leggere le regole di conservazione. Di solito, i colliri non vanno riusati dopo 15 giorni dalla prima apertura del flacone. Le pomate oftalmiche invece si possono eliminare al termine del ciclo di trattamento.

Da http://www.consumercare.bayer.it/ebbsc/export/sites/cc_it_internet/it/Sapere_and_Salute/articoli/Maggio_2010/05_Farmaci.pdf