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Piaghe ed ulcere cutanee difficili ma non impossibili da curare

 Piaghe ed ulcere cutanee. Un problema sanitario oltre che individuale. Ne soffrono infatti circa due milioni di italiani, ma quasi certamente è un dato sottostimato, perché nella maggior parte dei casi si tentano cure domestiche. Non esiste un registro nazionale sull’assistenza vulnologica (dal latino vulnus: ferita) cioè sulle terapie e le cure apprestate in caso di lesioni della pelle. Questo nonostante si tratti di ulcere croniche: dopo un anno dalla loro insorgenza, nella maggior parte dei casi non sono ancora guarite.

In 70 pazienti su 100 le ulcere cutanee sono dovute a patologie venose, tipiche degli anziani, i più colpiti: vene varicose o pregresse trombosi venose. Tra le cause però anche occlusioni del circolo arterioso, diabete (piede diabetico) ipertensione e traumi, o piaghe da decubito. Le piaghe e le ulcere della pelle possono anche infettarsi, provocano molto dolore e se non trattate adeguatamente e per tempo, oltre a peggiorare la qualità della vita, possono portare a morte. Nella maggior parte dei casi riguardano gli arti inferiori. Attualmente non esiste un approccio terapeutico adeguato, ma le cose stanno cambiando anche grazie all’impegno dell’AIUC (Associazione Italiana Ulcere Cutanee). Ci spiega come e perché il presidente Giorgio Guarnera, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Vascolare delle Lesioni Ulcerative dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata – I.D.I. Roma.

“Siamo un gruppo di medici e professionisti del settore che si è posto l’obiettivo di sensibilizzare colleghi, pazienti e soprattutto istituzioni su un tema di così forte impatto economico e sociale. Attualmente non esiste neppure un corso di laurea o una specializzazione in medicina per le lesioni cutanee che sono di approccio molto complesso, difficili, ma non impossibili da curare”.

Perché è difficile curare le ulcere cutanee, quali gli errori comuni?

“ l’approccio deve essere multidisciplinare, servono confronti tra medici di più specializzazioni per la diagnosi e la conseguente terapia (dall’ angiologia, alla dermatologia, passando ad esempio per la diabetologia e la chirurgia vascolare per arrivare alla chirurgia plastica). Solitamente infatti si tende a svincolare la piaga dal paziente: è un errore, perché se non si individua e si cura anche la causa (ad esempio il diabete) si può pregiudicare la guarigione. Il secondo grande errore è quello del “fai da te domestico”: pomate, creme e lozioni, che possono peggiorare la situazione. La cura deve essere mirata a seconda della tipologia di ferita”.

Non basta recarsi dal medico di famiglia?

“Non sempre, proprio per la complessità d’approccio che le dicevo prima. Come AIUC abbiamo trovato una possibile soluzione. Con la FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) abbiamo individuato un progetto di telemedicina che partirà fattivamente a Settembre: dal suo studio il medico di base potrà collegarsi con un centro specialistico per mostrare direttamente (visivamente) la lesione cutanea del paziente e concordare col vulnologo il giusto approccio terapeutico”.

E sui centri specialistici?

“Sono pochi ed a macchia di leopardo sul territorio italiano. In Piemonte il mese scorso è partito un censimento delle strutture che ha come obiettivo anche quello di tracciare linee guida per l’accreditamento, mentre in Calabria entro la fine dell’estate saranno attivati 5 centri vulnologici, che diverranno di più se il progetto darà i risultati previsti”.

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