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Intelligenza: il quoziente intellettivo? Una bufala

Basare le valutazioni per concorsi e test d’ingresso sul quoziente intellettivo è una pratica inutile e forse dannosa. Il famoso esame che dovrebbe misurare l’intelligenza è effettuato spesso quando una persona è ancora mentalmente instabile, in particolare in età infantile o adolescenziale, e dunque non sarebbe affidabile. Ne sono convinti i ricercatori dell’University College di Londra, secondo cui non ha senso sottoporre un adolescente al test del QI perché, a quell’età, ci sono molti alti e bassi emotivi e ormonali, che influiscono sui risultati.

Abbiamo osservato il QI in adolescenti nelle prove verbali e non verbali ed abbiamo misurato un cambiamento nel corso di un periodo di tre-quattro anni. Possiamo così sostenere che una parte di questo cambiamento deve essere correlato alla capacità, perché corrisponde ai cambiamenti nella struttura del cervello

ha affermato Cathy Price, autrice dello studio. Il quoziente intellettivo, o QI, prende in considerazione una vasta gamma di competenze, dalla memoria alla competenza verbale fino alla comprensione visiva. E’ stato utilizzato per prevedere i risultati educativi, la realizzazione sulle prospettive future di lavoro, e generalmente si pensa sia stabile per tutta la vita. Ogni volta che si ottiene un punteggio QI, la performance viene confrontata con quella dei coetanei per capire se una persona è intelligente oppure no.

I ricercatori hanno analizzato il cervello di 33 adolescenti sani. Hanno testato il loro quoziente intellettivo ed effettuato una scansione del cervello in diverse età, una volta nel 2004, quando i partecipanti avevano tra 12 e 16 anni, e più tardi, nel 2008, quando avevano tra 15 e 20 anni. I livelli di QI ad ogni età sono stati confrontati, ed alcuni studenti erano in media con i loro coetanei, senza registrare cambiamenti, alcuni hanno registrato un miglioramento ed altri un passo indietro. Questo potrebbe significare che anche coloro che in un primo momento avevano segnato un basso risultato possono migliorare, mentre quelli che hanno segnato alti punteggi, possono peggiorare, in particolar modo, sottolinea la ricercatrice, se il loro potenziale non viene sfruttato.

Circa il 21% dei partecipanti ha registrato significativi cambiamenti verso il basso o verso l’alto sul piano verbale, ed il 18% su quello non verbale. Nel complesso, il 35% degli studenti ha mostrato un qualche tipo di cambiamento, il che significa che in circa un adolescente su 3 il test del QI non è affidabile.

Questo studio si rivela molto importante perché mina le fondamenta di alcuni sistemi scolastici, in particolare quelli anglosassoni che in pratica segnano la vita di una persona sin da bambina, quando attraverso il test le consentono o vietano di frequentare alcuni tipi di scuole. Ciò che vogliono sottolineare i ricercatori è che, a meno che non ci siano problemi specifici, chiunque con una buona educazione può migliorare il proprio QI, il quale non rimane sempre uguale per tutta la vita. Precedenti ricerche indicano che questo tipo di “rinforzo” per il cervello può verificarsi persino in età adulta, quando una certa zona del cervello viene utilizzata più frequentemente, rendendo alla fine il test del quoziente intellettivo perfettamente inutile. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature.

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[Fonte: Livescience]