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Idrocefalia, una mini-vite per aiutare i neonati prematuri

 Una mini-vite per aiutare i neonati prematuri a rischio d’idrocefalia a combattere la formazione di liquido intracranico. E’ questo il nuovo approccio proposto dall’Unità Operativa di Neurochirurgia dell’Ospedale Gaslini di Genova e recentemente presentata in occasione del Congresso internazionale sulla diagnosi e le cure all’avanguardia in Europa per i bambini prematuri tenutosi in questi giorni presso il Cisef (Centro internazionale studi e formazione, n.d.r) del nosocomio.

Una tecnica che aiuterebbe a favorire il deflusso del liquido che comprime il cervello per “ripulire” la scatola cranica dei bimbi prematuri di peso inferiore al chilo e mezzo. Al momento il sistema è stato testato con successo in 87 pazienti, sebbene per raggiungere questo risultato si siano resi necessari diversi anni di “aggiustamenti progressivi” per migliorare non solo l’intervento in se stesso, ma anche il materiale utilizzato e le sue dimensioni.

I ricercatori guidati dal dott. Armando Cama hanno messo a punto un “sistema miniaturizzato” composto da una mini vite di 15 mm chiamata “newborn skull miniscrew” applicabile al cranio in maniera transitoria ma per lunghi periodi in grado di essere a “perfetta tenuta stagna”.

Spiega il dott. Cama:

Grazie a questo sistema si riesce a ripulire gradualmente il liquido cerebrale emorragico (e nel contempo si normalizza la pressione endocranica) proteggendo così il cervello da ulteriori rischi in modo assolutamente isolato dalla cute e sterile. Con questo sistema è stato possibile ridurre all’un per cento le complicanze infettive e ottenere la guarigione da idrocefalo nell’ 80 per cento dei casi, riducendo così anche le conseguenze sullo sviluppo neuro-cognitivo del bambino.

Senza contare che la mininvasività presuppone meno dolore e fastidio per il neonato stesso. In merito alla sopravvivenza dei bimbi pretermine di peso inferiore al chilo va sottolineato che, rispetto a 10 anni fa, ora le percentuali di esito “positivo” raggiungono quasi il 50%. Di contro però, sono aumentati anche i casi di emorragia intraventricolare, pari oggi al 40% dei casi con conseguente sviluppo d’idrocefalia o infarto venoso (con perdita di sostanza cerebrale).

Photo Credit | Thinkstock

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