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Artrosi,lesioni cartilaginee e condropatie da usura/2

Per quanto riguarda le terapie fi­siche, si sono dimostrati utili sol­tanto i campi elettromagnetici pulsanti, anche se altri tipi di fi­siocinesiterapia possono comun­que aiutare l’articolazione nel migliorare il movimento e la componente infiammatoria. Inoltre, soprattutto per quanto ri­guarda il ginocchio, è importante mantenere il tonotrofismo dei mu­scoli dell’arto inferiore, con una ginnastica di tipo isometrico, senza sovraccaricare l’articola­zione stessa. Esistono inoltre dei tutori per il ginocchio e dei plantari che possono correggere parzial­mente l’asse articolare e scaricare il compartimento malato del gi­nocchio con miglioramento dei sintomi.

Purtroppo, quelle qui sopra elencate, sono delle tera­pie che spesso si rivelano insufficienti nel tempo, soprattutto quando siamo di fronte ad un’ar­trosi di grado importante. In questo caso interviene la chi­rurgia. Parlando dell’artrosi degli arti inferiori, in particolar modo del ginocchio e dell’anca, questa consiste prevalentemente di osteotomie (correzione dell’asse del ginocchio) nei soggetti più giovani, o nell’impianto di protesi articolari nei soggetti al di sopra dei 60 anni.

 Le lesioni cartilaginee si verifi­cano per eventi traumatici, in soggetti spesso giovani, che non soffrono di problemi di degene­razione cartilaginea. Parliamo soprattutto di ginocchio, ma anche di caviglia. In questi casi esiste tutta una serie di tecniche chirurgiche che ha lo scopo di fare guarire la lesione. In realtà, nessuna tecnica, at­tualmente, si è dimostrata ca­pace di ridare all’area di lesione una cartilagine esattamente uguale a quella originaria, ma si stanno facendo passi avanti im­portanti e continui nella ricerca in questo campo. Microfratture: le microfratture vengono effettuate in artroscopia, e consistono nel perforare l’osso subcondrale, cioè l’osso che si trova subito al di sotto dello strato cartilagineo dell’articolazione, al fine di farlo sanguinare.

In pratica, questo sanguinamento indotto è uno stimolo all’osso a produrre una fibrocartilagine che ricopre la zona danneggiata. Si forma una cartilagine non del tutto uguale a quella originaria, ma che ha buoni risultati nel ri­durre la sintomatologia dolorosa. Bisogna altresì sottolineare che tale tessuto neoformato non ha le stesse proprietà di resistenza della cartilagine ialina (cioè quella vera) e il suo effetto sul dolore spesso è temporaneo. Ma sono descritti buoni risultati anche a due anni di distanza.

 I ri­sultati sono in parte dipendenti anche dalla grandezza della le­sione (in quelle piccole i risultati sono migliori). Innesti osteocondrali (mosai­coplastica): si tratta di una tec­nica con la quale si prelevano dei piccoli cilindri di osso e cartila­gine da un’area del ginocchio che è meno sottoposto al carico e si trasferiscono nell’area di lesione. Sono utilizzati per lesioni profonde e circoscritte e danno buoni risultati. Nelle lesioni ampie si dovrebbe prelevare troppo tessuto stesso ginocchio, con il rischio di provocare una sintomatologia dolorosa nella zona di prelievo.

 Trapianto di condrociti: è procedura piuttosto recente. Viene fatta con con diverse tecniche. In generale, la procedura consiste nel prelevare qualche cartilagine dal paziente in artroscopia (intervento brevissimo che permette un rapido recupero). Tali cellule si lasciano moltiplicare in laboratorio e, dopo un paio di mesi si reimpiantano nella zona di lesione.  Per ora stanno avendo buoni risultati, ma necessitano di ulteriori studi.

 Mayo Regen: è una nuova procedura che prevede l’utilizzo di uno “scaffold“, cioè un tessuto bioingegnerizzato, che va a coprire il difetto cartilagineo (deve essere un difetto a tutto spessore). Questa specie di “spugnetta” costituita da vari strati, uno strato più profondo, che imita l’osso (30% collageno equino, 70 idrossiapatite), uno strato intermedio (60% collageno, 40 idrossiapatite) e uno strato superficiale, che fa le veci della cartilagine (100% collageno).