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La bimba che non invecchia: prezioso il suo Dna

E’ una bimba carina e sorridente. Ha i capelli color bronzo ed uno sguardo furbo. E’ un poco magrolina, ma non troppo: pesa circa 8 chili per 75 cm di altezza. Vive a Reisterstown, nel Maryland (Stati Uniti) e si chiama Brooke Greenberg e sarebbe una bambina stupenda, perfetta se avesse un anno, l’età che dimostra. In realtà è una adolescente speciale: è unica. Il suo corpo, il suo comportamento, la sua mente, hanno smesso di crescere tanto tempo fa.

Il Dna della ragazza è stato lungamente studiato in questi anni, per capire quale fosse la sua particolarità: sicuramente si tratta di un difetto genetico, come tanti altri, innumerevoli e rarissimi. Ma in questo caso sembra che ad essere alterati sono quei geni che invece fanno crescere ed invecchiare il resto dell’umanità, anzi degli esseri viventi della specie animale!

Di questo ne sono convinti i ricercatori della Scuola di Medicina dell’University of South Florida (Usa), che cercheranno di individuare attraverso la piccola BrooKe i segreti del processo di crescita e di invecchiamento, nonché le armi per combattere le patologie legate all’età che avanza. Richard Walzer, lo scienziato che ha guidato finora il gruppo di ricerca, spiega i suoi obiettivi futuri:

Pensiamo che Brooke abbia una mutazione genetica che controlla lo sviluppo. Se e quando saremo in grado di confrontare il suo genoma con un altro normale, allora potremo trovare i geni interessati, vedere esattamente cosa fanno e capire come tenerli sotto controllo.

Lo studio sarà l’argomento centrale di una conferenza alla Royal Society di Londra, in settimana, cui parteciperanno alcuni dei più importanti ricercatori sul processo d’invecchiamento a livello mondiale. Chissà come è la vita di questa adolescente-bambina. Sembra crescere dal punto di vista emotivo, ma non parla e non è chiaro se il suo intelletto cresca o meno. E qui si potrebbe aprire un altro importante capitolo di ricerca, su come e perché eventualmente gli input che riceve dall’esterno non vengono messi a frutto dalla sua psiche, come invece avviene nei bambini di un anno.

Non lo sappiamo per ora. Pensiamo alla sua famiglia e a come cerca quotidianamente di far vivere la bimba in un  ambiente assolutamente normale, affinché non capisca di essere speciale. Un problema comune a tante, infinite famiglie, colpite da malattie genetiche rare, che non hanno neppure la consolazione di un dna utile per il resto dell’umanità. A loro e a Brooke va il nostro pensiero. Ma torneremo sull’argomento.