Home » LE ETA' DELLA SALUTE » La Salute degli Uomini » Vaccino contro il tumore alla prostata. Incoraggianti i primi risultati

Vaccino contro il tumore alla prostata. Incoraggianti i primi risultati

Ogni anno in Italia vengono diagnosticati 44mila nuovi casi di tumore alla prostata e 9000 persone perdono la vita a causa di questa patologia. I ricercatori dell’Istituto Tumori (INT) di Milano stanno cercando di mettere a punto un vaccino antitumorale terapeutico contro il carcinoma della prostata per i pazienti che non hanno risposto efficacemente alla chirurgia e alla radioterapia. Il vaccino naturalmente è ancora in fase sperimentale, ma i ricercatori, che hanno già concluso uno studio pilota, affermano di avere ottenuto risultati incoraggianti per metà dei pazienti trattati.

Intanto sono in corso altri due studi internazionali cui partecipa l’INT: il primo, battezzato PRIAS, ha dimostrato che i tumori prostatici cosiddetti ‘indolenti’, che non si trasformeranno cioè, con buona probabilità, in forme tumorali letali, hanno una prognosi favorevole nel 70% dei casi e, sempre nell’ambito di PRIAS, è stata mostrata, come afferma Riccardo Valdagni, direttore del Programma Prostata dell’INT, l’utilità della cosiddetta ‘sorveglianza attiva’ rivolta a questi pazienti attraverso controlli trimestrali e biopsia annuale.


Il secondo studio si chiama invece PROCABIO e si sta occupando di valutare i marcatori in grado di individuare i tumori prostatici indolenti che con maggiore probabilità evolveranno verso forme aggressive. Lo studio riguarda anche il tumore del colon retto. Sempre riguardo il cancro del colon, Ermanno Leo, direttore della Chirurgia colorettale sta tentando di mettere a punto due test che potrebbero alternativi alla colonscopia, strumento diagnostico cui molti pazienti rifiutano di sottoporsi con risultati nefasti.

Novità anche per la terapia del tumore alla mammella: il gruppo di Elda Tagliabue ha lavorato allo studio NOAH, che prevede l’utilizzo del cosiddetto anticorpo monoclonale trastuzumab nei tumori di tipo HER2 associato alla chemioterapia primaria (quella effettuata cioè prima dell’asportazione chirurgica del tumore allo scopo di ridurlo). Questa terapia si sarebbe già mostrata in grado di debellare completamente il cancro alla mammella nel 43% dei casi.