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Trapianto di reni da donatore vivente non compatibile: la prima volta in Piemonte

 Un trapianto di rene da donatore vivente ed incompatibile. E’ possibile, in realtà da tempo anche se non molto frequente ed oggi vi diamo infatti la notizia di un primo caso avvenuto in Piemonte (solo il terzo in tutta Italia): circa un mese e mezzo fa, un uomo di 58 anni affetto da insufficienza renale causata da glomerulonefrite, ha ricevuto dalla moglie 48enne un rene: lui gruppo sanguigno O e lei A. L’intervento chirurgico eccezionale è stato realizzato presso il Centro Trapianti di Rene dell’Ospedale Le Molinette di Torino e solo in queste ore è stato possibile diffondere la notizia, essendo garantita la certezza del mancato rigetto dell’organo. L’uomo, in dialisi da circa due anni era in attesa di una donazione da cadavere, non avendo compatibilità in famiglia, finché non si è avuta la notizia di questa innovativa tecnica che consiste nell’eliminare in fase pre-operatoria gli anticorpi responsabili del rigetto.

Tale metodica di fatto è già testata e validata da tempo: da anni in Giappone e Stati Uniti, più di recente in Svezia, Spagna e Germania, ma purtroppo è ancora rara in Italia. La Dott. Ssa Giuliana Tognarelli che ha eseguito il delicato trapianto insieme ad altri colleghi ha così spiegato:

”Solitamente, l’incompatibilità sanguigna rappresenta una controindicazione al trapianto, perché gli anticorpi di chi riceve l’organo (e viceversa) svolgono il loro dovere ed aggrediscono l’elemento sconosciuto. Un mese prima dell’intervento il paziente ha iniziato una terapia con farmaci immunosoppressori  che ha bloccato l’azione degli anticorpi dell’uomo e durante l’intervento attraverso un particolare filtro, abbiamo “diluito” anche gli anticorpi della donatrice, che avrebbero altrimenti innescato il meccanismo di difesa”.

Di per se stesso, ogni trapianto di organo rappresenta un momento complesso per il paziente (ed in questi casi anche per i donatori), ma non è mai semplice neppure dal punto di vista strettamente chirurgico e medico, come possiamo immaginare. In particolare tale metodica crea ulteriori difficoltà organizzative perché, spiega ancora la Tognarelli:

“la riuscita del trapianto dipende dalla quantità di anticorpi presenti nel sangue del ricevente che ha iniziato la terapia pre-operatoria, e non è mai possibile stabilire la data precisa dell’intervento”.

Nuove speranze dunque per aumentare, laddove possibile la donazione degli organi da vivente che è necessaria ed ancora troppo bassa (si attesta intorno al 5% del totale).

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[Fonte: La Stampa.it]