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Botox utile contro parkinson e malattie croniche?

Il botox utile contro Parkinson e malattie croniche come la paralisi cerebrale e l’emicrania? Se i risultati venissero confermati vi sarebbe una vera rivalutazione della tossina botulinica. Almeno stando ai dati prodotti dal dott. Enrico Ferrari dell’Università di Lincoln, in Inghilterra.

Il botulino come panacea dei mali partendo dalle rughe e dal loro appianamento per arrivare alla creazione di un farmaco potente contro malattie neurologiche gravi come il Parkinson e la paralisi cerebrale. Quale è il punto che lo scienziato intende raggiungere? E’ presto detto: una formulazione utile del potente veleno del clostridium botulinum. Spiega il ricercatore attraverso un comunicato:

Molti antidolorifici alleviano il dolore temporaneamente e hanno vari effetti collaterali. Il punto di forza di questa molecola è che il sollievo dal dolore può durare fino a sette mesi, in un modo simile alle iniezioni di botox che durano per diversi mesi (quelle usate in medicina estetica, N.d.R.). L’ingegnerizzazione di questo tipo di tossina ha molti usi e offrirebbe un notevole miglioramento della qualità della vita per le persone che soffrono di dolore cronico.

In un precedente studio, Enrico Ferrari ed i suoi colleghi, coordinati dal proferssor Bazbek Davletov sono stati in grado di ricostruire gli elementi della neurotossina riuscendo ad eliminare dall’equazione gli effetti tossici della stessa. Il loro risultato è molto simile geneticamente alla tossina “naturale”, tranne che per le conseguenze di una sua ipotetica assunzione. Sapevate che per risultare mortale bastano solo circa 150 nanogrammi della tossina?

Particolari scientifici a parte, è ovvio che un possibile utilizzo del botox in campo neurologico potrebbe aprire la strada alla creazioni di terapie molto più efficaci e meno dispendiose per malattie altamente debilitanti l’organismo umano, anche se questo dovesse tradursi solamente nella messa a punto di un nuovo tipo di antidolorifici. Non resta che attendere la messa in pratica di ulteriori studi e sperare che eventuali risultati possano portare alla creazione di nuovi approcci terapeutici sicuri.

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