Home » MEDICINA TRADIZIONALE » Ricerca e Sperimentazione » Metodo Stamina, no alla sperimentazione

Metodo Stamina, no alla sperimentazione

Il no alla sperimentazione del metodo Stamina potrebbe essere molto vicino. E sebbene pensassimo inizialmente che con molta difficoltà si sarebbe giunti ad una soluzione “accettabile” per tutte le parti coinvolte, dobbiamo ammettere che ora le speranze di uno studio serio si stanno affievolendo dentro di noi.

Mancano ancora un paio di passaggi che il ministero della Salute ed il ministro Beatrice Lorenzin dovranno affrontare, ma l’iter della richiesta di sperimentazione per il metodo Stamina sembra ormai volgere verso una conclusione negativa, soprattutto dopo il no del comitato scientifico. Negli ambienti ministeriali si dice che molto probabilmente la formulazione scelta per il no sarà una ordinanza. Il problema reale però al momento è quello di capire come porsi nei confronti di quei36 malati che presso gli Spedali Civili di Brescia sono attualmente sottoposti al trattamento previsto dal protocollo. Si tratta di pazienti che sono riusciti ad ottenere questa possibilità attraverso sentenze emesse da altrettanti giudici e che al momento godono dell’autorizzazione a ricevere la infusioni a base di cellule staminali prelevate dal midollo osseo.

Il parere negativo del Ministero della Salute potrebbe addirittura portare ad uno stop della cura. E cosa accadrà a chi è già sottoposto trattamento? Ed a quei 123 malati in lista di attesa? Se dovesse arrivate un giudizio negativo da parte del ministro della Salute, basato ovviamente sulle valutazioni scientifiche degli esperti che hanno analizzato pregi e difetti del metodo Stamina, i vari tribunali interessati potrebbero anche revocare l’autorizzazione. E se a questo si aggiunge il fatto che l’azienda ospedaliera ha sottolineato che al momento può prendersi carico solo dei pazienti attualmente sottoposti a terapia, è facile immaginare quanto la situazione sia delicata.

La “carne sul fuoco” è tanta: a partire dai 3 milioni di euro stanziati per la ricerca fino ad arrivare al ricorso di Vannoni al Tar di Brescia in merito al divieto emanato dall’Agenzia italiana del farmaco lo scorso maggio. Non resta che attendere.

Photo Credit | Thinkstock