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Epatite B, il punto della vaccinazione in Italia

Una delle vaccinazioni meglio riuscite mai portata avanti sul territorio italiano: così potrebbe essere definito il piano di vaccinazione riguardante l’epatite B.

Al momento, circa 16 milioni di italiani sono immuni da questa patologia grazie al piano di prevenzione reso obbligatorio 20 anni fa, nel 1991. L’aver “costretto” i bambini alla nascita e i ragazzi ai 12 anni a sottoporsi al vaccino, ha reso l’Italia un modello positivo da seguire per tutto il mondo.

In questa maniera si è raggiunta una copertura totale di tutte le persone al di sotto di 24 anni di età. Spiega Alessandro Zanetti, direttore del Dipartimento di Igiene all’Università di Milano, ed uno dei pionieri della costruzione dell’obbligatorietà della vaccinazione:

Il vaccino veniva somministrato, fin dal 1983, alle persone considerate a rischio per l’infezione sia per gli stili di vita (per esempio, tossicodipendenti) sia per la professione (personale sanitario). E anche a certi pazienti come i dializzati o i politrasfusi.

Nel momento in cui, l’Organizzazione mondiale della sanità, ha incominciato a raccomandare la vaccinazione anche per coloro che non erano soggetti direttamente al rischio, l’Italia ha deciso di porsi all’avanguardia in tal senso. Aggiunge lo specialista:

L’Italia è andata oltre. Da noi, infatti, la malattia si trasmette diversamente rispetto ad altri Paesi, soprattutto asiatici e mediorientali. Da quelle parti è prevalente il contagio materno-fetale e quello fra bambini, mentre in Italia le vie di trasmissione più frequenti sono i rapporti sessuali e gli aghi infetti.

Quando si parla di vaccino della conseguente immunizzazione, significa non solo abbattere il rischio di infezioni fulminanti, ma anche eliminare il rischio della comparsa di diverse infezioni collegate, tra le quali quelle derivanti dal virus delta. Quest’ultimo, scoperto dallo scienziato Mario Rizzetto, ha bisogno del virus dell’epatite di replicarsi. La vaccinazione contro questa variante di epatite, ha quindi lo scopo prevalente di proteggere gli individui da entrambe le malattie.

Non solo, il vaccino può aiutare anche a combattere il cancro al fegato, abbattendo i rischi derivanti dalla contrazione dell’epatite cronica e della conseguente cirrosi epatica.

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Fonte: Corriere della Sera