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Depressione: morto con “suicidio assistito” Lucio Magri, fondatore de il Manifesto

Le depressione è una malattia terribile perché, oltre ai disagi che comporta, almeno in Italia non è adeguatamente riconosciuta. Si riapre il dibattito sulla tutela dei malati di depressione gravi che non ricevono nel nostro Paese la dovuta attenzione , con la morte di Lucio Magri, il fondatore de il Manifesto, che ha scelto di recarsi in Svizzera per sottoporsi a “suicidio assistito” in Italia vietato.

Non era malato di qualche condizione allo stato terminale, quindi non si può parlare di eutanasia e qui il discorso dello “staccare la spina” che spesso si fa in questi casi non va bene. Ma si parla di una persona che sentiva come “intollerabile” la vita, tanto da volerla terminare a 79 anni. Ma la paura di morire da solo lo ha bloccato dal provare la strada che tentano tante persone in altri casi, così dopo aver dato disposizioni per la sepoltura e soprattutto chiesto ai suoi colleghi di evitare necrologi e coccodrilli, Magri si è recato in Svizzera con un suo amico, in una clinica autorizzata, per il suicidio assistito.

Magri era depresso gravemente per diverse vicende legate alla sua vita privata e professionale. Da sempre uno dei simboli della sinistra più estrema, la sinistra “eretica”, era stato cacciato dal Partito Comunista nel ’69, ed il crollo continuo della sua idea politica non gli aveva fatto per nulla bene. Poi i problemi economici del suo giornale hanno peggiorato la situazione e la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la perdita di sua moglie avvenuta qualche mese fa, e così lui stesso ha deciso di morire “con lucidità”, come ha affermato pubblicamente di recente.

La vicenda ora merita un più ampio dibattito sull’aiuto da dare a persone gravemente depresse che oggi non ricevono assistenza per una condizione che non è considerata una vera e propria malattia dal servizio sanitario nazionale, anche perché difficile da diagnosticare data l’assenza di prove materiali come può esserlo un tumore o altre malattie più “concrete”. Eppure si tratta di una condizione psichiatrica che spinge tantissime persone a tentare il suicidio (appena un paio di giorni fa è morto l’allenatore della nazionale di calcio del Galles per lo stesso motivo), e qualche servizio di tutela dev’essere previsto dal nostro ordinamento.