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Adolescenti e rischio obesità. L’autostima gioca un ruolo fondamentale

Una ricerca pubblicata sugli Archivi di Medicina Pediatrica e condotta dal Dipartimento per la salute di New York ha stabilito che esiste una correlazione precisa nelle adolescenti tra la scarsa autostima e il rischio di diventare obese. Uno studio che ha coinvolto 4400 ragazze tra i 12 e i 18 anni ha dimostrato che le adolescenti che percepiscono se stesse come impopolari hanno il 69% in più di probabilità di diventare obese di quelle che percepiscono se stesse come amate e accettate dai coetanei. Da tempo è nota la relazione fra obesità e fattori sociali ed emotivi ma questa ricerca, come afferma Goutham Rao, direttore del Centro per l’obesità dell’ospedale infantile di Pittsburgh, ha il merito di porre in correlazione questo disturbo con la scarsa autostima.

Ma non tutti gli esperti hanno accolto con entusiasmo i risultati della ricerca newyorkese. La dottoressa Judith Myers-Walls della Purdue University ad esempio ritiene che non sia possibile stabilire se sia la scarsa autostima ad indurre le giovani a mangiare di più e, quindi, a ingrassare o se non sia invece il fatto stesso di essere in sovrappeso a causare in loro il crollo dell’autostima. In ogni caso, l’obesità adolescenziale è un problema che ha vastissima diffusione in tutti i paesi industrializzati e al quale è necessario porre tempestivamente un rimedio. Solo in Italia, come rileva Erio Ziglio, responsabile dell’ufficio OMS di Venezia, sono obesi il 20% dei ragazzi fra i tredici e i diciassette anni.

La soluzione non può essere ricercata solo nella prescrizione di un regime dietetico dimagrante , è necessario infatti, secondo gli esperti, sensibilizzare i più giovani verso una maggiore consapevolezza di se stessi e verso l’adozione di uno stile di vita più sano. Riguardo poi alla indiscutibile influenza di fattori sociali ed emotivi sull’insorgenza dell’obesità adolescenziale , Adina Lemeshow, una delle adolescenti che hanno partecipato allo studio poi diventata ricercatrice al Dipartimento per la salute di New York, propone di varare programmi preventivi che si concentrino anche sullo sviluppo, da parte dei ragazzi, di abilità sociali che li aiutino a fronteggiare le sfide che la quotidianità impone e che possono sembrare insormontabili in una fase di vita delicata come quella adolescenziale.