Home » COSTUME & SOCIETA' » Costume e Società » I forti fumatori di marijuana rischiano anche infarto e ictus

I forti fumatori di marijuana rischiano anche infarto e ictus

Solo qualche giorno fa vi abbiamo parlato dell’aumentata incidenza di infarto e ictus tra i giovani a causa del consumo, sempre più diffuso, di ecstasy. Arriva adesso da oltreoceano la notizia che anche fumare troppa marijuana espone al rischio di insorgenza di patologie cardiovascolari. Ad affermarlo i ricercatori dello statunitense National Institute of Drug Abuse i quali, analizzando un campione di 18 individui, fumatori abituali di cannabis, hanno scoperto nel loro sangue, confrontato con quello di 24 non fumatori, un aumento allarmante della proteina apoC-III (apolipoproteina C-III) responsabile dell’aumento nel sangue di grassi nocivi per la salute delle arterie.

Aumenta così il numero di studi che dimostra la nocività del consumo di droghe leggere per la salute. Questo contributo, pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Psychiatry, va infatti ad aggiungersi a numerose altre ricerche che hanno indicato il consumo di marijuana come responsabile, tra l’altro, di danni alla memoria e alle capacità di apprendimento, ma anche dell’insorgenza di patologie della bocca come la parodontite.

E negli Stati Uniti è già polemica. I sostenitori della legalizzazione delle droghe leggere contestano i risultati dello studio poichè riferiti ad un campione di fumatori, non solo abituali, ma anche accaniti. Sembrerebbe infatti che gli individui coinvolti nella ricerca arrivino a consumare anche 10-11 spinelli al giorno. Una quantità, ci tocca ammetterlo, davvero impressionante. D’altra parte, Bruce Mirken antiproibizionista e portavoce del Marijuana Policy Project, afferma che qualunque sostanza, stupefacente o meno, può avere effetti nocivi se consumata in maniera così massiccia e che lo studio prende in considerazione soggetti che si trovano costantemente sotto l’effetto di droghe.

Il dibattito sembra tuttavia destinato a restare rovente soprattutto alla luce dei provvedimenti adottati da molti ospedali statunitensi che negano la possibilità di un trapianto agli ammalati che consumano o hanno consumato cannabinoidi, anche se a scopi terapeutici e dietro prescrizione medica.