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Cellulare, soffriamo di dipendenza?

 Perdere un cellulare può dare lo stesso senso di dipendenza che ci darebbe la perdita di un cucciolo tanto amato? La stupefacente risposta è positiva. A renderlo noto uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’università del Kansas. Sensazioni forti, corredate da senso di solitudine e smarrimento. Come se l’oggetto in questione fosse una parte di noi stessi.

Un problema non solo tecnico, come il perdere la rubrica contenuta nello stesso, ma soprattutto di tipo psicologico. E’ questo che questa particolare ricerca sottolinea, tentando di capire che tipo di relazione noi consumatori abbiamo con i cellulari. Come campione sono stati presi un gruppo di studenti del college compreso tra i 18 ed i 24 anni. Ed i dati sono risultati incontrovertibili. Il primo di essi è che il 99% delle persone intervistate possiede un cellulare. Fattore che ha stupito la dottoressa Esther Swilley , coordinatrice dello studio che pensava ad una percentuale del 100%.

Una delle prime domande poste è stata quella del rapporto che ogni singolo intervistato avesse con il proprio terminale. Commenta la ricercatrice:

Il cellulare non è un semplice telefono: è parte della nostra vita, è il mezzo per rapportarci con l’esterno e gli altri. La maggioranza dei ragazzi dichiara senza mezzi termini che il telefonino è una parte di loro stessi ma spiega tuttavia di apprezzarlo non tanto per la possibilità di comunicare con gli altri, quanto per il suo essere diventato oggi uno strumento che “semplifica la vita” per le sue funzioni .

Tra quelle maggiormente apprezzate, quelle di tipo ludico: con la loro capacità di intrattenere i cellulari rappresentano un ottima valvola di sfogo per i ragazzi che lo utilizzano per navigare, ascoltare la musica e giocare.

Continua la dottoressa:

Se ricordate i Tamagotchi, quella sorta di cuccioli virtuali che andavano di moda per i bambini qualche tempo fa, capirete cosa intendo: il cellulare è la versione adulta di quei giochini. La gente non lo spegne mai, ci gioca, non sa resistere alla tentazione di mostrarlo agli altri per vantarsene. Non è più qualcosa che ci serve, ma un compagno di vita e di giochi.

Fattore confermato dall’esperienza personale della ricercatrice, che dotata di un blackberry da una azienda per la quale lavorava, fece fatica a separarsene a collaborazione conclusa.

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Fonte: Corriere della Sera