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Red bull e energy drink: molti ancora i dubbi

Sono sempre più numerosi nella letteratura medica gli allarmi e gli inviti alla cautela sul consumo delle cosiddette “bevande energetiche” caratterizzate da un alto contenuto di caffeina, che potrebbero esporre a rischi finora sottovalutati e persino sdoganare tra i giovanissimi altre e più pericolose sostanze da abuso. Ideata in Austria, dove è in commercio dal 1987, l’antesignana e la più nota tra queste bibite è sicuramente la Red Bull, che da alcuni anni spopola in tutto il mondo.

Una lattina da 250 ml ha lo stesso quantitativo di caffeina di un espresso (80-85 mg), di per sé non elevatissimo: secondo lo studio, però, i consumatori non adottano le stesse cautele che in genere accompagnano il consumo di caffè, anche perché mancano avvisi al riguardo. Al contrario, le campagne di marketing sottolineano solo gli effetti stimolanti, che vengono presentati come capaci di migliorare le prestazioni fisiche e mentali.

Questo successo del genere ha aperto la strada ad un gran numero di concorrenti che si sono differenziati per gli ingredienti di contorno ma anche per il contenuto di caffeina (che in alcuni casi arriva a superare i 500 milligrammi a bottiglia). I motivi di preoccupazione ora ci sono tutti. Un’ampia revisione della letteratura da poco pubblicata sulla rivista “Drug and alcohol dependence” segnala il rischio che le abbondanti dosi di caffeina unite all’abuso di alcolici – e insieme ai messaggi pubblicitari che spesso puntano molto sulla trasgressione – costituiscano una miscela persino più esplosiva di ciascun singolo ingrediente, di per sé non innocuo. Scrivono Chad Reissig e colleghi della Johns Hopkins University di Baltimora:

«Sono in aumento le segnalazioni di intossicazioni da caffeina e sembra probabile che aumenteranno anche i problemi di dipendenza e sindrome da astinenza. I bambini e adolescenti che non sono consumatori abituali di caffeina potrebbero essere assai più vulnerabili all’intossicazione proprio per l’assenza di tolleranza farmacologica, ed è possibile che anche fattori genetici contribuiscano alla vulnerabilità individuale nei confronti dei disturbi associati alla caffeina»

Ma il rischio sembra essere legato anche alle modalità con cui la moda attuale spinge ad assumere queste bibite. Riassumono i ricercatori americani, che sottolineano un’incongruenza nelle norme adottate dalla Food and drug adiminstration (Fda):

«Il consumo combinato di caffeina e alcol sta aumentando rapidamente, e alcuni studi suggeriscono che questo potrebbe contribuire all’aumento di incidenti correlati all’alcol. Se non fossero state accettate come esaltatrici del gusto e fossero state invece viste come ingrediente psicoattivi queste bevande avrebbero potuto essere regolate dalla Fda come farmaci»

Di fatto, invece, i prodotti da banco stimolanti contenenti 100mg di caffeina per compressa devono per legge riportare lunghe e dettagliate avvertenze, mentre le bibite sono in libera vendita, e spopolano anche tra i giovanissimi grazie ad un marketing che punta molto sulla trasgressione e che così facendo – secondo i ricercatori – apre la strada anche ad altre forme di abuso di sostanze.